Sinodo Diocesano: nuove vie per il Vangelo
Un bilancio della prima tappa del cammino sinodale che si è chiusa sabato 24 giugno
Il Sinodo diocesano ha chiuso ufficialmente la sua prima sessione sabato 24 giugno, con la concelebrazione in Cattedrale presieduta dal Vescovo e la votazione del testo emerso dai lavori.
Iniziata la Messa, dopo la lettura del Vangelo, il Vicario generale don Cristiano D’Angelo ha rivolto al vescovo un discorso per accompagnare la chiusura della prima sessione e la consegna del testo approvato dall’assemblea. In primo luogo il Vicario ha espresso, a nome di tutti i Sinodali e della comunità diocesana, i ringraziamenti al Vescovo per aver convocato il Sinodo diocesano. «Grazie — ha detto don D’Angelo — per averci spinto in un cammino, quello sinodale, che ci ha fatto sperimentare la gioia e la responsabilità di ascoltare e di ascoltarsi. Soprattutto ci ha dato l’occasione di sentirci partecipi come non mai della missione che il Signore Gesù ha affidato ai suoi prima di salire al cielo: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19)».
L’avventura del Sinodo ha chiesto alla Chiesa di Pistoia di mettersi in ascolto dello Spirito: «La realtà, “l’umana esperienza”, insieme al Vangelo e alla Tradizione vivente della Chiesa, — ha ricordato don D’Angelo — sono le grandi scuole attraverso le quali lo Spirito ci parla e ci rivela la volontà di Dio. Troppe volte ci siamo contentati di un Vangelo ripetuto meccanicamente o della sicurezza della Tradizione, senza il coraggio di lasciarsi interpellare dal nostro tempo, dagli uomini e dalle donne concrete, quelle che, con le loro gioie e le loro fatiche, incontriamo ogni giorno».
La stagione di cambiamenti in cui si inserisce l’appuntamento del Sinodo chiede il coraggio di intraprendere strade inedite:
«Il nostro è il tempo di “nuove Vie” per il Vangelo, nuove soprattutto nello stile e nel metodo (…). “Nuova” è stata l’esperienza di questa prima sessione del Sinodo che ci ha “obbligati” ad imparare un modo nuovo di lavoro e di ascolto. “Nuovo” è anche uno degli aggettivi più significativi di queste Proposizioni, dove emerge il desiderio di una nuova stagione ecclesiale, di una nuova fioritura dell’annuncio, di una nuova freschezza nelle relazioni umane e nella pastorale».
Confrontarsi con la novità, andare oltre i rassicuranti steccati del “si è sempre fatto così” non è scontato: «A volte, come gli otri vecchi della parabola evangelica (Mc 2,22), — aggiungeva don D’Angelo — abbiamo sperimentato anche noi la fatica della novità, quella che fa scricchiolare le sicurezze personali, che mette in discussione le proprie visioni pastorali, che domanda l’attenzione paziente per capirsi e riconoscersi nella diversità. In questa fatica, che certo ci domanda di migliorare e di capire come far funzionare sempre meglio il cammino del Sinodo e del lavoro comune, in questa fatica c’è la novità a cui lo Spirito chiama la Chiesa del nostro millennio».
In ultimo il Vicario si è riferito al Vescovo come principio di unità della Chiesa locale: «La sua presenza e il suo ministero in mezzo a noi — ha concluso — sono fondamentali perché ci richiamano agli argini del Vangelo, tengono vivo lo sguardo sull’orizzonte comune del Regno di Dio, ricuciono le differenze che a volte ci abitano, alimentano la consapevolezza dell’unità che nasce dalla Fede e dalla Carità, e di cui l’Eucarestia è fondamento e nutrimento. In questi argini abbiamo camminato e vogliamo camminare, consegnandole il testo delle proposizioni sinodali. Un lavoro che forse nessuno di noi avrebbe scritto così come glielo offriamo, ma che proprio perché di tutti ha il sapore della famiglia e la forza della comunione. Sta a lei adesso discernere se e come questo testo possa aiutare la nostra Chiesa a camminare da discepola, dietro il Signore Gesù, crescendo nella disponibilità a farsi strumento del suo Amore nel mondo».
Un testo, quello consegnato al Vescovo Tardelli sabato scorso che rappresenta un punto fermo, pur nella consapevolezza di non aver realizzato una sintesi perfetta: «siamo agli inizi, e molte sono ancora le cose su cui possiamo migliorare, molte forse anche le urgenze e i bisogni del nostro tempo che magari non abbiamo saputo ascoltare o riconoscere. Ne siamo consapevoli. Però dobbiamo prendere atto che la gioia che ha accompagnato questo nostro riunirsi insieme costituisce un prezioso patrimonio di esperienza condivisa nella fede su cui possiamo costruire un futuro nuovo per la nostra Chiesa e per il nostro tempo».