SULLA PASTORALE BATTESIMALE IN DIOCESI. RIFLESSIONI IN MARGINE ALL’INCONTRO CON I PRESBITERI
Lunedì 6 Giugno i preti della diocesi si sono riuniti in seminario vescovile per discutere e confrontarsi sulla prassi battesimale.
L’incontro è stato introdotto dalla lettura dei risultati dell’indagine svolta in diocesi che ha riguardato circa 460 battesimi di una trentina di parrocchie corrispondenti a circa il 31% degli abitanti della diocesi. Il questionario proponeva una verifica della riforma approvata nel 2012 che prevedeva la possibilità per le parrocchie di celebrare il battesimo a tappe, facendo i riti di accoglienza e l’unzione prebattesimale nelle domeniche precedenti al battesimo con acqua.
Nella riforma era previsto di far precedere ad ogni rito un incontro con le famiglie, da farsi nelle case o in parrocchia, possibilmente attraverso dei catechisti laici oltre che dal parroco.
Le parrocchie che attualmente fanno la sperimentazione sono circa una decina con alcune che fanno i due riti prebattesimali e l’immersione come Comeana, Bonistallo e Oste, mentre altre hanno deciso per un approccio più graduale facendo un solo rito prebattesimale. Certamente positiva è stata la reintroduzione dell’immersione che fanno anche nelle parrocchie di Vignole, Casini, Carmignano, e altre. Altre parrocchie, invece, dopo un iniziale periodo di sperimentazione hanno deciso di tornare alla celebrazione del battesimo in una sola volta.
Quasi tutti i parroci che hanno risposto al questionario affermano che i genitori, in genere, vivono bene gli incontri di preparazione, anche quando all’inizio per la fatica degli impegni, per i problemi dei bambini e del lavoro, si erano mostrati un pochino più refrattari alla proposta di incontrarsi.
Particolarmente positiva è stata valutata l’esperienza dei catechisti laici, ancor di più se coppie, perché l’incontro diventa un dialogo tra famiglia e famiglia e una testimonianza concreta di una comunità che accoglie e accompagna i genitori nel cammino del battesimo per i propri figli.
Anche la celebrazione dei riti prebattesimali è vissuta molto bene dai genitori che possono così scoprire la ricchezza del rito e concentrarsi di più sul significato dei gesti e della celebrazione. Inoltre la celebrazione a tappe permette di far incontrare questi genitori con la comunità cristiana che spesso non conoscono e non frequentano da anni, ed è più rispettoso della natura del battesimo che appare di più un cammino e non solo un gesto isolato e episodico.
Tutti i parroci presenti hanno riconosciuto l’importanza di incontrare i genitori che per il 40% circa vivono situazioni matrimoniali complesse, quali il divorzio o il matrimonio civile, o sono conviventi e non sempre orientati alla celebrazione sacramentale del proprio matrimonio. Inoltre, ad eccezione delle famiglie che già frequentavano la chiesa, la quasi totalità dei genitori non partecipano alla vita ecclesiale e non conoscono il vangelo se non molto superficialmente. Questo significa che la pastorale battesimale sta diventando sempre più una pastorale dei lontani e un’occasione preziosa di primo annuncio. La sorpresa è che gli incontri sono vissuti bene dalle famiglie che dicono di “scoprire” un vangelo che non immaginavano così bello e utile per la vita.
A fronte di questi aspetti positivi ne emergono altri problematici quali la difficoltà di conciliare i riti prebattesimali con il ritmo celebrativo domenicale, soprattutto nelle grandi parrocchie dove ci sono tanti bambini, mentre nelle piccole, è stato detto, al contrario diventano occasioni di catechesi per la comunità. Un’altra difficoltà è la mancanza di adulti e in special modo di famiglie disponibili per la catechesi battesimali, fatto che evidenzia un problema ecclesiale quello della formazione degli adulti e della maturità delle comunità cristiane. Il battesimo non è un fatto privato né semplicemente un corso per imparare ad essere cristiani, ma piuttosto l’incontro con Cristo vivente nella Chiesa, per questo l’assenza della comunità cristiana è un grave difetto che indebolisce la forza evangelizzante dell’annuncio. Quest’ultimo aspetto da lungo dibattuto nella pastorale e nei documenti ecclesiali è un problema la cui importanza emerge sempre di più in ogni tentativo di riforma pastorale, anche in quella dei battesimi. Semplificando, la questione potrebbe essere posta in questi termini: se attraverso il battesimo introduciamo nella vita della chiesa persone senza preoccuparsi di fargli fare almeno una minima ma autentica esperienza di fede, come possiamo pensare di costruire comunità cristiane adulte nella fede? E viceversa: se non lavoriamo ad un rinnovamento ecclesiale che ponga al primo posto il vangelo e la preghiera, la carità e i poveri, la fraternità e la missione, come ci ricorda il vescovo negli orientamenti pastorali per la diocesi, come possiamo pensare che la gente desideri entrare a far parte della chiesa o che percepisca la significatività e la necessità di un’appartenenza ecclesiale non episodica e non privatistica?
La risposta a queste domande è sempre più urgente perché ne va della vita e della vitalità della fede e delle comunità cristiane. La richiesta del battesimo è una grande occasione da non sprecare come ci ricorda Papa Francesco nella Amoris Laetitia (AL 230). Certo, occorre coraggio e creatività pastorale per osare strade nuove, per accompagnare le famiglie che chiedono il battesimo nella scoperta del vangelo, nella relazione con il Signore Gesù, nella gioia della fraternità cristiana. Questo significa che non si deve avere paura di cambiare la nostra prassi, né ci si deve far bloccare da una mentalità privatistica dei sacramenti che a volte continua ad albergare anche dentro di noi, e soprattutto non dobbiamo farci vincere dalla paura di ciò che non si è mai fatto o dalla fatica di un cambiamento che chiede, soprattutto a noi presbiteri, uno sforzo, un’organizzazione e una prassi nuove.
Questo non significa che la riforma dei battesimi in diocesi debba andare avanti come è stata pensata e vissuta in forma sperimentale fino ad oggi, perché la questione non è il numero di incontri o di celebrazioni che si fanno, ma lo spirito, l’esperienza di fede, l’amore che suscita l’incontro con Cristo nella Chiesa. Per questo si possono immaginare scenari di riforma molto diversi, alcuni anche più radicali come, ad esempio, la celebrazione dei battesimi in un’unica data annuale, come per la cresima e l’eucarestia. Quest’ultima ipotesi avrebbe il pregio di evidenziare meglio il legame tra i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana oltre che la dimensione ecclesiale del battesimo. Altre possibilità di riforma ci vengono dalla storia della Chiesa ha da offrirci molti modelli diversi, come quello del catecumenato antico, oppure quello delle pievi, quando i battesimi si celebravano solo in alcune chiese.
Dobbiamo avere il coraggio di osare, di volare alto, e soprattutto di non tornare indietro, avendo la forza di andare avanti cambiando quello che è necessario perché la celebrazione del battesimo diventi quello che è. Non possiamo ridurre il battesimo ad una cerimonia abitudinaria o ad un rito sociale perché, come diceva San Pietro polemizzando con coloro che vivevano superficialmente il battesimo, questo “non è rimozione di sporcizia dal corpo, ma invocazione di una buona coscienza a Dio per mezzo della risurrezione di Cristo” (2Pt 3,21). In altre parole il battesimo prima che essere un rito è un’esperienza dello Spirito che aiuta le persone a mettersi in relazione con Dio per mezzo di Gesù Cristo.
E’ evidente che tutto questo cammino deve essere fatto in sintonia con la Chiesa e in comunione con il presbiterio, per questo al vescovo sono affidati i risultati del questionario sui battesimi perché egli ci aiuti a scegliere in fedeltà al vangelo e allo spirito di quella riforma missionaria della chiesa a cui Papa Francesco e tutti gli ultimi papi incessantemente ci spingono.
Il nostro non è più il tempo dell’indugio e dell’inerzia; non possiamo più permetterci di “lasciare le cose come stanno” (EG 25) come ci ricorda ancora il Papa. Per questo bisogna avere fiducia e osare, con pazienza e intelligenza, perché anche oggi come a Paolo che intimorito era tentato di lasciar perdere l’evangelizzazione di Corinto di fronte alle difficoltà e le fatiche dell’annuncio, anche oggi e anche a noi Chiesa di Pistoia, Dio ci dice “non abbiate paura, io ho un popolo numeroso in questa città” (At 18,11).
Don Cristiano D’Angelo, direttore dell’ufficio catechistico diocesano