L’arte appassionata di Artemisia

Lo storico dell’arte Alessandro Grassi, autore di un volume monografico sulla pittrice, tratteggia la vicenda umana e artistica dell’artista.

di don Ugo Feraci

Artemisia Gentileschi è la pittrice del Seicento più nota al mondo, forse una delle artiste più famose di tutti i tempi: la sua vicenda umana e artistica, continua ancora oggi ad appassionare. Proprio in questi giorni ha suscitato grande interesse la riscoperta di una stesura più antica sotto un suo dipinto raffigurante Santa Caterina d’Alessandria conservato alla Galleria degli Uffizi. Le analisi realizzate in occasione del restauro dagli esperti dell’Opificio delle Pietre Dure infatti, avrebbero rivelato un suo autoritratto nascosto analogo ad un dipinto acquisito recentemente dalla National Gallery di Londra. In entrambi i dipinti Artemisia presta il volto alla santa principessa martire, anche se il dipinto fiorentino sembra combinare i suoi tratti con quelli di Caterina de’ Medici, figlia del granduca Ferdinando. Insomma, Artemisia continua a far parlare di sé, lasciando tracce evidenti della sua forte personalità. Alla pittrice ha recentemente dedicato un volume monografico (“Artemisia Gentileschi”, Pacini 2018, 272 pp.) Alessandro Grassi. Alessandro è docente, storico dell’arte della nostra diocesi, ma anche iconografo: sono sue, ad esempio, le pitture per la nuova sala parrocchiale di Vignole; a lui abbiamo chiesto di introdurci alla scoperta di Artemisia e della sua arte.

Poche artiste hanno raggiunto la notorietà di Artemisia. Un successo recente che l’ha vista protagonista di numerose mostre, libri, perfino un film e un libro a fumetti. Perché?

Moltissimo è dovuto all’attualità della sua parabola esistenziale, profondamente segnata dalla violenza carnale che, diciassettenne, subì nella propria casa da parte di Agostino Tassi, un collega di suo padre Orazio (anch’egli pittore). Dopo il romanzo scritto nell’immediato dopoguerra da Anna Banti – moglie del grande storico dell’arte Roberto Longhi, il primo ad aver rivalutato l’arte della Gentileschi – il peso di questi risvolti biografici è divenuto sempre crescente, contribuendo da una parte a far conoscere la pittrice in tutto il mondo ma anche, dall’altra, a farne l’icona di pensieri e movimenti moderni, del tutto legittimi, ma storicamente estranei alla sua vicenda.

Spesso si dà una lettura femminista della sua storia, quasi che l’arte si trasformasse in occasione di riscatto di genere a partire dalla violenza. È proprio così?

È la lettura più facile e immediata – direi anzi la più “spendibile” – nel nostro tempo, tristemente segnato da innumerevoli episodi di violenza sulle donne. Tuttavia credo che il torto più grande che si possa fare, oggi, alla femminilità di Artemisia sia voler innescare a tutti i costi un nesso di causa-effetto, come se la Gentileschi sia divenuta un’artista per superare il trauma dello stupro. Credo che renda maggior onore alla donna Artemisia dire semplicemente che era una grande pittrice, e che lo sarebbe stata anche senza quella tragedia.

Artemisia aveva conoscenze importanti a Firenze, tra cui lo stesso Galileo Galilei…

Sì. In una lettera scritta molti anni dopo, nel 1635, quando già risiedeva a Napoli, Artemisia ringrazia l’anziano Galileo – ormai confinato ad Arcetri – di essersi operato, a suo tempo, per farle pagare dall’amministrazione medicea il compenso della celebre Giuditta che decapita Oloferne, oggi agli Uffizi. Ma a Firenze, dove divenne la prima donna ad essere ascritta all’Accademia del Disegno, tra il 1613 e il 1620 Artemisia aveva stretto amicizia anche con altri intellettuali, come Michelangelo Buonarroti il Giovane e Jacopo Soldani, o il pittore Cristofano Allori. Alcuni di loro furono padrini di battesimo dei suoi figli, a testimonianza di un legame umano molto stretto.

Artemisia era donna del suo tempo: un secolo, il Seicento, di passioni forti, di fede, sentimento, poesia e violenza. Che mondo descrive Artemisia nei suoi quadri?

Devo dire che non mi sembra di ritrovare un afflato autenticamente cristiano nella sua arte, sebbene abbia dipinto anche scene sacre. Senza dubbio i temi più significativi riguardano le gesta delle eroine, tratte sia dalla Bibbia che dal mondo classico – Giuditta, Susanna, Medea, Cleopatra, Lucrezia… –, che manifestano una spiccata forza morale e una volontà persino terribile. È nella raffigurazione di queste passioni che Artemisia dà il meglio di sé. D’altronde, una fra le molte discussioni erudite dell’Accademia dei Desiosi a Roma, che Artemisia frequentava, dibatteva se nell’agire umano avesse più peso l’intelletto, cioè la parte raziocinante, o la volontà, intesa come sede degli affetti: non dubito che la Gentileschi propendesse per la seconda tesi.

Qual è, per te, il suo dipinto più significativo? Perché?

Difficile rispondere; ma direi la giovanile Susanna oggi a Pommersfelden. È firmata e datata 1610 e dunque precede di un anno lo stupro da parte di Agostino Tassi. Tuttavia lo sgomento della bella ma ancor acerba Susanna, che si vede insidiata dalla concupiscenza dei vecchioni, sembra quasi una sorta di premonizione di quanto sarebbe avvenuto.




Dalla Bibbia alla letteratura

Riceviamo e rendiamo nota questa iniziativa.

Un corso di 4 lezioni all’Università del Tempo libero, coordinato dal Prof. David Pratesi e condotto insieme a Don Vincenzo Arnone

Il corso rileva, come tema generale, la nuova attenzione della teologia per la letteratura. Tra le proposte critiche recenti spicca quella di A. Spadaro (Docente di “Introduzione all’esperienza della letteratura”), il quale, muovendo dal potere di dire proprio del linguaggio letterario, valorizza nei suoi libri la letteratura come esperienza vitale. Vivere tale esperienza è – come nel verso di E. Dickinson «Abito nella possibilità» – un trasferirsi nella possibilità esistenziale offerta dal testo; è anche come nell’immagine del roveto biblico – un ardere di un fuoco inestinguibile, capace di rigenerare il lettore alla vita ed alla vita dello Spirito. In tal modo il critico legge autori e opere in una luce nuova: come avviene per O. Wilde, nella cui celebre Ballata egli coglie «un cammino di fede implicito». Il corso propone quindi un capolavoro della narrativa russa che E. Montale definì «un miracolo che ognuno deve salutare con commozione», dove le moderne linee narrative si intrecciano con la Passione di Gesù, «il più alto dei temi possibili», e l’Autore «si congiunge con la più profonda tradizione» russa: la «vena messianica».
Come Dio si muove sul palcoscenico è il titolo di un saggio-excursus di V. Arnone sulla religiosità nel teatro fin dai Greci, ospitato in un volume che raccoglie anche le sue cinque pièces teatrali, da lui definite «teatro dell’anima e della parola». Infine, se «Qoèlet è stato riconosciuto, forse ancor più che Giobbe, l’altro specchio di Leopardi sia dalla critica leopardiana sia dagli esegeti» (L. Marcon), i riflessi della ricerca del libro sapienziale sul senso autentico dell’esistenza sono presenti anche in grandi poeti italiani del secolo scorso.
Il corso, aperto a tutti, sarà tenuto dal Prof. David Pratesi e da don Vincenzo Arnone.

Docente di inglese all’’ITCS Pacini di Pistoia, David Pratesi ha insegnato Lingua e Traduzione Inglese nelle Facoltà di Lingue delle Università della Tuscia e di Bologna.
Don Vincenzo Arnone, ha al suo attivo opere di saggistica, narrativa, poesia e teatro. È anche direttore della rivista di letteratura “Sulle tracce del frontespizio”.

Riportiamo qui sotto le informazioni relative a sede, svolgimento, contenuti del corso ed iscrizioni:

Giovedì 07 Febbraio – BIBBIA E LETTERATURA – La ballata del carcere di Reading, di O. Wilde (Prof. D. Pratesi)
Giovedì 14 Febbraio – BIBBIA E NARRATIVA – Il maestro e Margherita, di M. Bulgakov (Prof. D. Pratesi)
Giovedì 21 Febbraio – BIBBIA E TEATRO – Come Dio si muove sul palcoscenico, di V. Arnone (Don V. Arnone)
Giovedì 28 Febbraio – BIBBIA E POESIA – Qoèlet (Ecclesiaste) e alcuni grandi poeti italiani (Prof. D. Pratesi)

Le lezioni si terranno alle ore 17.00 nella nuova sede dell’Università del Tempo Libero, presso l’UNISER, Polo Universitario Pistoiese, Via S. Pertini 158, Pistoia (a 300 metri dalla Stazione Ferroviaria accanto alla Biblioteca S. Giorgio).

Le iscrizioni si ricevono presso la segreteria della stessa: tel 0573 3620305. La segreteria è aperta la mattina dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 12.00 e il pomeriggio dalle 16.00 alle 17.00 (solo nei giorni di lezione).
E-mail: univertempolibero.pt@tiscali.it | www.univertempolibero.it




Un libro per le “Donne di Preghiera”

Un itinerario attraverso i monasteri di clausura pistoiesi a cura di Maria Valbonesi e Anna Agostini

Sabato 2 febbraio, festa della Candelora e giornata mondiale della vita consacrata, alle ore 16.30, presso la sala sinodale dell’antico Palazzo dei Vescovi, sarà presentato dal vescovo Fausto Tardelli e dal can. Diego Pancaldo il libro «Donne di preghiera. Un itinerario attraverso monasteri di clausura pistoiesi», edito da Polistampa, col contributo della Fondazione Conservatorio di San Giovanni Battista.
Il libro, infatti, riprende e sviluppa il contenuto di alcune visite promosse dal Comitato San Jacopo ai monasteri femminili pistoiesi, e consiste di tre saggi: uno di Anna Agostini sul monastero delle Clarisse e due di Maria Valbonesi su quello delle Benedettine da Sala e delle Salesiane. Il volume, dedicato alla memoria di mons. Mario Leporatti, presenta anche una introduzione storico-teologica di Franco Biagioni, presidente del Meic di Pistoia e anch’egli membro del Comitato di San Jacopo.

Se oggi a Pistoia sopravvivono soltanto due monasteri di vita contemplativa, tra XVII e XVIII secolo solo in città se ne contavano almeno diciannove. Un impoverimento non soltanto numerico, ma soprattutto spirituale. Come scrive nella sua presentazione don Luca Carlesi, arciprete della cattedrale, i monasteri di clausura non sono fuori del mondo, bensì «collocati nel cuore del mondo, testimonianza di un mondo altro da quello che conosciamo, luoghi dove si “prega, si ama, si lavora”; profezia del mondo futuro», perchè «il mondo, la società umana o sarà spirituale o non sarà».
Come evidenzia anche il titolo del libro, l’attività fondamentale delle monache, come di tutte le monache di clausura, è la preghiera; una preghiera assidua, instancabile, rivolta a Dio affinchè resti aperta agli uomini la via della salvezza. In questo mistico esercizio della carità Benedettine e Clarisse hanno preservato nei secoli e continuano ai giorni nostri, nonostante le difficoltà, le crisi e -diciamolo pure- le persecuzioni che hanno dovuto affrontare, delle quali i tre saggi di questo libro offrono un’attenta ricostruzione, sia negli aspetti generali che in quelli particolari di ciascun monastero.

 




A Pistoia la teologia alternativa di Armido Rizzi

Il teologo Carmine di Sante presenta il suo ultimo volume dedicato al pensiero del suo maestro

Le associazioni «Il Granello di Senape» Pistoia e «Casa della Solidarietà» di Quarrata invitano alla presentazione del libro:

Carmine Di Sante, Dentro la Bibbia. La teologia alternativa di Armido Rizzi

L’incontro, che prevede la presenza dell’autore, avrà luogo sabato 12 gennaio 2019 alle ore 17.30 nella sala del convento delle suore domenicane di Pistoia in Piazza S. Domenico. In questo suo nuovo contributo Carmine di Sante ricostruisce lo straordinario percorso teologico di Armido Rizzi, suo maestro, con il pregio di riassumere in un’unica opera un pensiero che si dispiega in decine di pubblicazioni e numerosi articoli. L’ingresso è libero. 

Carmine Di Sante

Carmine Di Sante è nato a Bisenti (TE) nel 1941, ha studiato teologia all’Istituto Teologico dei Frati Minori di Assisi, si è specializzato in Scienze liturgiche al Pontificio Istituto S. Anselmo di Roma, si è laureato in Psicologia all’Università «La Sapienza» di Roma e ha lavorato per quasi vent’anni al SIDIC (Service International de Documentation Judéo-Chrétienne) di Roma. Ha pubblicato molti saggi, tra i quali La preghiera d’Israele. Alle origini della liturgia cristiana, Marietti 2009 (tradotto in inglese, francese, olandese, ceco e portoghese); Parola e terra. Per una teologia dell’ebraismo, Cittadella 2011; Lo straniero nella Bibbia. Ospitalità e dono, San Paolo 2012; La passione di Gesù. Nonviolenza e perdono, San Paolo 2013; Dio e i suoi volti. Per una nuova teologia biblica, San Paolo 2014; Il perdono nella Bibbia, nella teologia, nella prassi ecclesiale, Queriniana 2016.

Armido Rizzi

È nato a Belgioioso (Pavia) nel 1933, si è laureato in teologia all’Università Gregoriana di Roma e in Filosofia all’Università di Genova. Ha insegnato filosofia della religione, ermeneutica filosofica e teologia sistematica nelle Facoltà italiane della Compagnia di Gesù e dagli inizi degli anni ’70 si è dedicato al «Servizio della Parola» in forma itinerante presso comunità e gruppi cristiani.

 




Torna alla San Giorgio il problema del Male

Il prossimo venerdì 11 gennaio, avrà inizio presso la Biblioteca Comunale San Giorgio, la seconda parte delle conferenze sul tema Il male e il silenzio di Dio.

Il tema ha inquietato la coscienza dell’uomo fin dai tempi antichi, spingendolo a chiedersi: unde venit malum? Certo è che dietro il termine ‘male’ si aprono orizzonti diversi, che spaziano da quello fisico a quello ontologico, da quello morale a quello sociale…

I relatori che hanno affrontato il tema l’anno passato hanno offerto interessanti spunti di riflessione: la risposta al male narrata da Dostoevskij ne La leggenda del Grande inquisitore, il tentativo di Teodicea di Leibniz, il concetto di male nel pensiero di Schelling e Pareyson, fino a trattare del concetto di Dio dopo Auschwitz proposto da Hans Jonas.

Quest’anno saranno offerti i contributi all’argomento da parte di Hannah Arendt, di Etti Hillesum o dalla lettura biblica che ne danno il libro di Giobbe o l’Apocalisse, ma anche da quella filosofica offerta da Immanuel Kant o Simon Weil. In questo panorama così ricco, non si va certo cercando una risposta esaustiva o che ‘mondi possa aprire’, ma solo tentatativi, ‘storte sillabe’ che possano aiutarci a sostenere il peso di una questione che soluzione logica non ha, ma che tanto dice della fralezza dell’uomo, del suo esser caduco in mezzo a realtà caduche ma, al tempo stesso, del fatto incontrovertibile che egli, quale ‘canna pensante’, non può sottrarsi alle domandi fondamentali che riguardano lui stesso ed il mondo. Fra queste domande, forse la più scottante è quella che riguarda il male, nella vita individuale, nella realtà, nella storia… per questo il tema ha suscitato interesse, e no smetterà di farlo, nel desiderio di risposte che non possono che essere variegate.

La ricchezza di questi contributi all’argomento è data non solo dalla competenza di quanti li presentino ma anche dalle diverse prospettive di lettura, che permettono a coloro che partecipano di non abbracciare facili soluzioni, che inevitabilmente risulterebbero riduttive.

Il mio ringraziamento va a tutte le relatrici e relatori ed a coloro che vorranno partecipare.

Edi Natali

 

programma 2019 (pdf)

Al via il nuovo ciclo di conferenze di filosofia e teologia, che negli anni passati hanno visto la partecipazione di numerosi studenti e appassionati delle due discipline e sono state coronate anche dalla pubblicazione di un testo, contenente gli atti del corso Ordo Amoris, elaborato dai relatori e sostenuto dalla Biblioteca San Giorgio. Il testo ha vinto il primo premio del concorso Premio Nazionale di Filosofia, X edizione. Le figure del pensiero, per la sezione «Pratiche Filosofiche», con cerimonia di premiazione avvenuta il 19 giugno 2016 a Certaldo (FI).
Le conferenze avranno la stessa impostazione seminariale già sperimentata nelle precedenti edizioni: ai circa cinquanta minuti di relazione farà seguito un intervallo di tempo di pari durata, durante il quale i partecipanti potranno porre domande o fare osservazioni. Agli studenti che lo richiedano sarà rilasciato un attestato di frequenza, che potrà eventualmente essere utilizzato dall’insegnante di filosofia a titolo di credito scolastico o per la valutazione finale.

Calendario degli incontri

Venerdì 11 gennaio 2019
Giobbe e la risposta al male
relatore Cristiano D’Angelo

Venerdì 18 gennaio 2019
Il male radicale in Immanuel Kant
relatrice Francesca Ricci

Venerdì 25 gennaio 2019
Il problema del male in Simone Weil
relatrice Sabina Moser

Venerdì 1 febbraio 2019
Hannah Arendt e la “banalità” del male
relatore Paolo Bucci

Venerdì 8 febbraio 2019
Etty Illesum: “lavorare su se stessi, unica soluzione al male”
relatrice Beatrice Iacopini

Venerdì 15 febbraio 2019
La figura dell’Anticristo tra Solov’ev e l’Apocalisse
relatrice Edi Natali




La Grande Guerra di Arturo Stanghellini

Domenica 9 dicembre  il prof. Giovanni Capecchi presenta «Introduzione alla vita mediocre», uno dei più importanti libri italiani nati dalla prima guerra mondiale.

La ristampa del libro di Arturo Stanghellini, Introduzione alla vita mediocre (Tarka 2018) sarà presentata domenica 9 dicembre alle ore 16.30 presso la Saletta del Sale del Museo Diocesano-Palazzo Rospigliosi (Ripa del Sale, 3).
L’evento, organizzato dall’Ufficio Comunicazioni Sociali e Cultura della Diocesi di Pistoia, prevede una presentazione dell’opera e dalla vita di Arturo Stanghellini a cura del prof. Giovanni Capecchi, intercalata da letture tratte dal volume.

A seguire: «al museo …con Arturo Stanghellini», apertura straordinaria e visita guidata gratuita del
Museo Diocesano – Palazzo Rospigliosi.


Pubblichiamo di seguito l’articolo di Giovanni Capecchi dedicato alla ristampa del volume e pubblicato sull’ultimo numero del settimanale “La Vita”.

Nella biografia e nell’opera di Arturo Stanghellini (nato a Pistoia il 2 marzo 1887) i tre anni trascorsi sul Carso, dal 6 luglio 1916 al 4 novembre 1918, seguiti dall’attesa del congedo arrivato solo il 28 luglio 1919, corrispondono a una violenta e insanabile cesura. Un vero e proprio abisso separa la vita di prima dalla vita di dopo. Ha scritto in un profilo autobiografico steso intorno al 1930: «Appartengo alla generazione che è stata tagliata in due dalla guerra, e proprio nel fiore della giovinezza. Bisogna comprendermi. Di là è rimasta la quieta passione per l’arte e gli studi, di qua un adattamento forzato alla vita dai posti numerati, che qualche volta dà al mio spirito languori di convalescenza».

Sul Carso, tra il fango e il fetore dei cadaveri, Stanghellini, come molti altri della sua generazione, consuma la giovinezza, brucia le tappe dell’esistenza avendo la forte sensazione, una volta rientrato nelle comodità della vita di pace, di aver raggiunto il culmine della propria esperienza umana proprio in quei giorni terribili ed eroici. La guerra “di talpe” ha fatto convivere per mesi e mesi con la morte, ha rivelato la fragilità dell’uomo, ha fatto scendere nell’inferno dell’orrore, tra rumori assordanti di artiglierie, morti inutili per conquistare cime dai nomi sconosciuti e silenzi abissali; ma questa guerra, non desiderata e non vissuta come festa, affrontata con paura ma anche con orgoglio (l’orgoglio di chi, nonostante l’attaccamento alla vita, non fugge di fronte al destino che lo mette costantemente al cospetto della morte), attraversata con altri uomini che il pericolo rende fratelli, finisce per rappresentare il momento fondamentale della propria vita, la stagione alla quale – come afferma Paolo Monelli in uno dei “classici” della letteratura di guerra, Le scarpe al sole – il combattente resterà «avvinto» per sempre.

Rientrato a casa alla fine di luglio del 1919, il tenente appena congedato trova finalmente la quiete necessaria per scrivere, riutilizzando anche gli appunti presi su un taccuino nei giorni della trincea. E – tra l’agosto e il dicembre di quell’anno – compone il suo libro più intenso, l’Introduzione alla vita mediocre, frutto dell’esperienza tragica vissuta tra il 1916 e il 1918, ma anche dell’amarezza provata dal reduce che aveva riposto ben altre aspettative nella rinnovata pace. Un’amarezza evidenziata dal titolo stesso del libro, preferito all’iniziale Memorie di un intervenuto.

L’Introduzione alla vita mediocre, che era stato ristampato nel 2007 dalle edizioni pistoiesi della Libreria dell’Orso e che in questo 2018 ha ripubblicato l’editore Tarka di Massa, è uno dei libri italiani più importanti nati dall’esperienza della guerra, attento ai fatti esterni (memorabili sono le pagine su Caporetto) ma fortemente piegato sull’interiorità dell’autore-protagonista. Con un linguaggio in molte pagine lirico, racconta il viaggio verso la trincea. Ma descrive anche il ritorno a casa dopo l’armistizio. Un ritorno tutt’altro che sereno: Stanghellini descrive infatti – facendosi portavoce di una generazione di reduci – l’impossibilità di ricominciare la vita di sempre, di riallacciare i legami (e riprendere le conversazioni) con coloro che non sanno cosa sia la guerra; narra l’itinerario verso la propria abitazione di chi sente di aver speso la giovinezza al fronte, di essere precocemente invecchiato, di non potersi riadattare alle “ore piccine” dopo gli istanti intensi della guerra, di non riuscire ad inserirsi in quella che appare ormai con chiarezza come una vita mediocre.

 




La resurrezione di Gesù tra storia e fede

Un’introduzione del prof. Giovanni Ibba al tema degli incontri per il quarto anno della scuola di Formazione teologica diocesana.

È iniziato il quarto anno della scuola di formazione teologica sul tema “Al centro del mistero della fede: annunziamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua resurrezione, nell’attesa della tua venuta”.
Il corso di quest’anno si concentra su questo annunzio, affrontando tematiche come la morte e la resurrezione di Cristo. Il prof. Giovanni Ibba, teologo e biblista, terrà due lezioni sul tema della morte e resurrezione di Gesù; la prima il 26 novembre dal titolo: «la risurrezione di Gesù Cristo: aspetti storici». A lui abbiamo rivolto alcune domande per affrontare un tema decisivo per la nostra fede e stimolare la partecipazione agli incontri del quatro anno 2018.

Per quanto riguarda il racconto della resurrezione quali fonti storiche o testimonianze scritte conosciamo a parte il Nuovo Testamento?

Specificamente riguardo alla risurrezione di Gesù abbiamo a disposizione anche altre fonti, anche se poche, oltre a quelle neotestamentarie. Sono fonti più tardive rispetto ai testi neotestamentari. Comunque, la più antica fra queste è probabilmente quella contenuta nell’opera di Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche, dove si legge che i discepoli dichiaravano che Gesù era apparso loro tre giorni dopo la sua morte.

Tutte le fonti neo testamentarie raccontano ciò che è accaduto dopo la resurrezione …possiamo affermare che la resurrezione è un fatto storico?

Se leggo Tito Livio è chiaro che storicamente posso affermare che al suo tempo la fondazione di Roma era davvero creduta come viene narrata nella sua opera e che Romolo e Remo sono stati allattati dalla lupa, ma, con “giudizio storico”, dirò che si tratta di un mito, di un mito storicamente attestato. La risurrezione è un mito? Nessuno, fra gli storici lo ha mai trattato così. Semmai, nell’Illuminismo e oltre, come di una “invenzione” da parte degli apostoli dopo la morte di Gesù. Ma è una teoria che “storicamente” non regge molto, tanto che di fatto è stata abbandonata. Forse anche perché banale.

Ciò nonostante, non accettare storicamente la resurrezione di Gesù e dire che è un’invenzione, oppure dire che non posso dimostrare che davvero sia accaduta, se da una parte può mostrare anche un problema ideologico, dall’altra apre tutta una serie di riflessioni molto importanti.

Se io come storico voglio capire il successo del cristianesimo senza basarmi sul dato della risurrezione di Gesù, allora qual è l’elemento che ha fatto in modo che si formasse ed espandesse questa religione?

Per la fede cristiana il dato della resurrezione è fondamentale, ma per lo storico essa non può essere considerata come un fatto. Nemmeno per il cristiano che fa lo storico, per una questione di metodo, se così mi posso esprimere. Qualcuno ha però fatto notare che senza di essa non sarebbe potuta avvenire una tale espansione del cristianesimo. Un terremoto avvenuto nel passato lo possiamo appurare studiando le fratture nelle rocce. Non posso sentire il terremoto avvenuto nel passato, posso però studiarne le tracce. Ma è chiaro che una simile ipotesi di lavoro ha bisogno, per essere plausibile, di sapere esattamente cos’è un terremoto e, in questo caso, cos’è una risurrezione. A parte la testimonianza degli apostoli, che potrebbe essere “inventata”, oltre a quello che riporta Giuseppe Flavio e altre fonti romane (per inciso su Gesù più che sulla sua risurrezione), non abbiamo a disposizione altro.

Per spiegare la nascita e lo sviluppo del cristianesimo molti studiosi hanno allora lavorato sulla storia delle idee, cioè hanno cercato di vedere se c’è un’evoluzione di idee religiose precedenti a Gesù che poi si sarebbero sviluppate in una credenza e in una dottrina. Ma anche questo tipo di ricerca non ha dato risposte convincenti, a parte una: Gesù non ha predicano nulla di veramente diverso rispetto a quello che già era espresso da altre fonti giudaiche della sua epoca. L’eucarestia probabilmente è la vera novità nella storia delle idee (il fare qualcosa e il predicare qualcosa sono azioni assolutamente interscambiabili nel vangelo).

Si potrebbe vedere la risurrezione di Gesù come una metafora della prima comunità cristiana? Gli Atti degli Apostoli sono quasi un quinto vangelo: Pietro, Giacomo, Stefano e Paolo dicono e fanno cose perfettamente simili a quelle che ha detto e fatto Gesù. Gesù è risorto perché vive negli apostoli e nei loro seguaci. Ma affermare semplicemente questo significherebbe comunque forzare le fonti neotestamentarie, le quali si esprimono chiaramente sulla risurrezione. Soprattutto parlano della testimonianza degli apostoli riguardo alla risurrezione di Gesù, anche se ciò che hanno visto può verificarsi in altro modo all’interno della comunità.

Pertanto, parlando in modo rigoroso, possiamo dire che storicamente è attestato il racconto della risurrezione di Gesù come anche la testimonianza degli apostoli, ma non che la risurrezione sia un dato “storico” in senso stretto. Il dato della fede, la risurrezione di Gesù, si basa quindi sul credere a ciò che viene scritto nei vangeli e dalla predicazione degli apostoli.

Nei vangeli la questione della resurrezione è trattata in maniera differente in ogni testo. Perchè?

Per quale motivo questi racconti presentano differenze non è del tutto chiaro. Diciamo che ci sono teorie plausibili, e che queste teorie partono dalla considerazione che dietro a ciascun vangelo c’è una comunità che vive e interpreta la resurrezione di Gesù con sentimenti diversi.

In ogni caso, tutti e quattro i vangeli riportano la notizia del ritrovamento della tomba vuota, come anche che la prima testimonianza di questa è data da donne.

Se ci sono quattro racconti con differenze sulla resurrezione non significa che allora i dati riportati in questi testi hanno parti inventate, ma solo che lo stesso evento è visto con sensibilità diverse. Come affermerà Ireneo di Lione rispetto ai vangelo, ossia che è uno e quadriforme, così in questo senso si può dire del racconto della resurrezione.

La resurrezione è un atto divino che tocca il mondo intero…un aspetto che forse talvolta dimentichiamo..

Mi pare che dimentichiamo molte cose, non solo la risurrezione. Sono convinto che conosciamo quello che proviamo, e quello che proviamo non lo scordiamo, o per lo meno è molto difficile che accada. Abbiamo probabilmente dimenticato un elemento della fede cristiana perché forse trasmesso in modo astratto, non vissuto. Forse sarebbe bene interrogarsi sul significato della risurrezione nella vita e, in qualche modo, viverla. Come si legge negli Atti degli Apostoli o in Paolo. Essere, in sostanza, come dei risorti.

Daniela Raspollini

(I corsi del IV anno si svolgono il lunedì dalle ore 20.45 alle ore 22.15)

Programma del quarto anno 2018-2019 (pdf)

 




Musica per organo dall’archivio capitolare: una conferenza a S.Ignazio

Una conferenza dedicata al repertorio organistico dell’archivio capitolare della Cattedrale di Pistoia

Sabato 10 novembre alle ore 18.30 presso la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Pistoia, mons. Umberto Pineschi, maestro d’organo e proposto del Capitolo della Cattedrale di Pistoia proporrà una conferenza dal titolo “L’Archivio Capitolare della Cattedrale di Pistoia: una miniera di repertorio organistico nei secoli XVIII e XIX”. Una serata accompagnata da brani esemplificativi tratti dalle opere per organo di Giuseppe Gherardeschi e Luigi Gherardeschi pubblicate integralmente nel 2017 e dal MS B. 226,8. Porterà il suo saluto il sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi. A mons. Pineschi abbiamo rivolto alcune domande.

Come nasce l’idea di riscoprire e valorizzare questo patrimonio documentale?

L’archivio della Cattedrale di Pistoia contiene molta letteratura organistica finalizzata agli organi di scuola pistoiese. Scoperta negli anni 1960 durante una catalogazione completa del fondo, è stata progressivamente pubblicata sempre nella revisione di Umberto Pineschi, fino ad arrivare, negli ultimi due anni, alla pubblicazione, ad opera della casa editrice VigorMusic, di tutte le opere degli autori più rappresentativi, cioè Giuseppe Gherardeschi (1759-1815) e suo figlio Luigi (1791-1871).

Nel programma si parla di un Anonimo si tratta di una scoperta straordinaria? Ci vuole spiegare meglio?

È un libro d’organo, composto verso la metà del secolo XVII non si sa da chi e neppure dove. È il più completo libro d’organo composto in Italia in quel periodo, di ottima qualità e perciò certamente scritto da un importante musicista, tanto importante che probabilmente allora si ritenne inutile specificarne il nome in quanto universalmente conosciuto, con la conseguenza però, che attualmente non si ha idea di chi sia stato. Attualmente è pubblicato on line sul sito dell’Accademia d’Organo “G. Gherardeschi” e presto dovrebbe essere anche pubblicato in un volume cartaceo dalle VigorMusic.

Quali sono i documenti più preziosi di questo repertorio organistico?

Appunto le opere di Giuseppe e di Luigi Gherardeschi, che furono maestri di cappella della Cattedrale di Pistoia.

Sarà l’occasione di ascoltare alcuni brani dalle opere di questi due autori…

Verranno eseguito due brani di Giuseppe Gherardeschi (Andantino per Benedizione, Rondò in sol maggiore) e tre di Luigi Gherardeschi (Offertorio, Elevazione, Postcommunio dalla sua Messa in do maggiore).

A una dei due è intitolata anche l’Accademia d’organo..

Sì, l’Accademia d’organo pistoiese è intitolata proprio a Giuseppe Gherardeschi (1791-1871). Per avere maggiori informazione e seguire il calendario dei nostri “vespri d’organo” si può consultare il sito: www.accademiagherardeschi.it .

Daniela Raspollini




Friends of Florence per il pulpito di Giovanni Pisano

Il pulpito della Chiesa di Sant’Andrea sarà oggetto di un progetto di studio in vista del restauro.

«Qui fede cristiana e arte si sposano in modo mirabile. Questo pergamo è una lezione di vita cristiana, una esposizione straordinaria della salvezza dell’uomo». Così il vescovo Tardelli alla presentazione del progetto di diagnostica e restauro del pulpito di Giovanni Pisano di Sant’Andrea a Pistoia.

«Voglio esprimere la mia completa soddisfazione – ha affermato il vescovo – per essere arrivati a questo punto e ringrazio Friends of Florence perché per questo finanziamento inizia un’opera davvero importante per la città».

I dissesti e i problemi di conservazione che si sono manifestati e si sono accentuati negli ultimi tempi nel pulpito, infatti, impongono con urgenza di studiarne le condizioni di stabilità con rilievi, analisi e indagini che consentiranno di definire le forme più opportune di intervento e di restauro.

Con la Diocesi di Pistoia e la Parrocchia di Sant’Andrea è stato quindi sottoscritto un protocollo d’intesa in base al quale la Fondazione Friends of Florence finanzia il progetto con un importo complessivo di € 230.000,00.

Nei giorni scorsi è stato inoltre sottoscritto un contratto di ricerca tra Soprintendenza, Fondazione e Università degli Studi di Firenze (Dipartimento di Scienze della Terra e Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale) per la realizzazione delle attività di studio, indagine e analisi strutturale.

La presidente di Friends of Florence, Simonetta Brandolini d’Adda, ha ricordato con soddisfazione il contributo della sua fondazione: «il pulpito di Giovanni Pisano – ha ricordato – è un’opera che riempie il cuore di spiritualità e bellezza».

Il Pulpito di Giovanni Pisano – prosegue la Presidente – è stato uno dei primi grandi passi nella scultura verso il Rinascimento ed è stato apprezzato e studiato poi per secoli dai grandi artisti come un modello di ispirazione stilistica. Lo studio approfondito e il restauro hanno un’importanza vitale per conservare questo magnifico capolavoro e offrire alle future generazioni la stessa opportunità che oggi abbiamo noi di poterlo vedere, studiare e fruire secondo i valori che la cultura occidentale ci insegna attraverso l’arte».

Il soprintendente Andrea Pessina ha segnalato la generosità di Friends of Florence, e la pronta disponibilità dalla presidente Simonetta Brandolini D’Adda. Oggi presentiamo, ha ricordato il soprintendente «un progetto di studio più che di restauro. Prima di mettere la mano sul monumento abbiamo convenuto sulla necessità di acquisire indicazioni sulle ragioni del dissesto del pulpito». Un intervento che prevede, tra l’altro, la scannerizzazione completa del pulpito, la ricostruzione di rilievi 3D, la simulazione di modelli per comprendere la storia e la statica del monumento.

Le condizioni del pulpito hanno recentemente richiesto, tra l’altro, un intervento d’urgenza per il restauro di una delle figure di Sibille, prontamente eseguito da Alberto Casciani per conto della Soprintendenza e documentato in un video.

IL FUTURO DEL PULPITO DI GIOVANNI PISANO

Il restauro della Sibilla del Pulpito di Giovanni Pisano in Sant'Andrea curato da Alberto Casciani. Un filmato, curato dalla Soprintendenza che descrive l'intervento, in attesa dello studio e monitoraggio dell'intero pulpito finanziato dalla fondazione Friends of Florence e presentato questa mattina nella chiesa di @parrocchia di Sant'Andrea a Pistoia

Publiée par Diocesi di Pistoia sur Mercredi 7 novembre 2018

«Un monumento così importante – afferma mons. Tardelli, vescovo di Pistoia – ha bisogno di continua attenzione e di premurosa salvaguardia. Per questo sono davvero felice che una realtà come Friends of Florence, si sia interessata ad esso e abbia, con grande sensibilità, deciso di impegnarsi in modo davvero considerevole al suo restauro».




Art Bonus, una buona notizia per chi investe in cultura

PISTOIA – Un nuovo strumento di stimolo per gli investimenti dei privati nella valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale e artistico del nostro paese. Questo il senso dell’evento del prossimo 29 ottobre “Art Bonus, un’opportunità per la cultura e la bellezza” nel corso del quale verrà presentata la legge regionale 5 aprile 2017, n. 18 detta “Art Bonus Toscana”. La legge regionale prevede infatti importanti sgravi fiscali per chi investe nella valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico. Nel corso della serata la diocesi presenterà alcuni progetti pilota agli imprenditori e alle associazioni di categoria.

Ospiti della serata saranno il vescovo Tardelli, la consigliere regionale Ilaria Buggetti, il direttore generale dell’area “cultura e ricerca” della regione Roberto Ferrari, i dirigenti d’area e i tecnici che spiegheranno l’applicazione della legge e le opportunità per le imprese.

L’evento è organizzato dalla diocesi di Pistoia in collaborazione con il consiglio regionale della Toscana e con l’osservatorio giuridico legislativo della conferenza episcopale toscana.

L’appuntamento è per lunedì 29 ottobre alle ore 17 nel seminario vescovile di Pistoia.

(foto di David Dolci)