QUARANTANNI IN BRASILE, DOVE SCOPRIRE GESÙ

Nadia Vettori, missionaria laica della Diocesi di Pistoia racconta la sua esperienza a servizio degli ultimi

 

Nadia Vettori è da poco rientrata in Italiana dal Brasile, con alle spalle la sua ricca esperienza di oltre quarantanni vissuti in Brasile. Stavolta non non si tratta però di un periodo di riposo, ma di un addio definitivo alla sua terra di missione. Abbiamo voluto incontrarla per parlare di questo suo importante impegno speso per la chiesa brasiliana.

Come ci si sente una volta tornata a casa con alle spalle 43 anni di esperienza missionaria?

«Questi miei 43 anni sono stati una ..vita intera piena di tante esperienze. Da Paricatuba (Manaus) con gli Hanseniani (cioè i lebbrosi) e le comunità sulle rive dei grandi fiumi, agli anni con i giovani, le donne e la Pastorale dei bambini; e poi tanti anni a Balsas nello Stato del Maranhão, nel Bairro Nuova Tresidela con le famiglie che vivono ai margini della discarica, con i giovani e bambini. Esperienze che mi hanno dato tanto e che mi hanno cambiata, fatta crescere in tutto. Al solo ricordarle mi fanno sentire felicissima e grata al Signore».

Ci puoi raccontare come sei arrivata alla decisione di tornare a casa definitivamente?

«Nella mia vita le partenze e i ritorni sono sempre stati momenti decisivi. Momenti in cui Dio, con la sua grazia, mi ha fatto riconoscere che quello era il tempo opportuno per cambiare, il momento giusto che Lui mi offriva per andare avanti, raggiungere gli altri e crescere! E ora, ancora una volta, il Signore mi ha fatto capire che era giunto il momento opportuno per cambiare; questa volta per tornare alla Chiesa che mi ha inviato. Era il arrivato il tempo di tornare alla mia famiglia di sangue, anche se porterò sempre dentro di me, tutte le famiglie del cuore e dei sogni che ho costruito in Brasile».

Con quali modalità o atteggiamenti hai portato Cristo nella realtà di quella gente?

«Papa Francesco nella sua ultima Esortazione Apostolica “Gaudete et Exultate” al n. 135 ci dice: «Gesù ci precede nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima ottenebrata. Lui è già lì». Io non ho portato Gesù in quelle realtà. Lui era già lì!
Era già li a Rio de Janeiro, nel novembre del 1974, quando arrivai in Brasile, a braccia aperte ad aspettarmi, non sul Corcovado, ma sopra un marciapiede, morto, circondato di candele e coperto con giornali.
Lui era li! A Manaus, in Amazzonia, nell’umanità e nella carne ferita dei lebbrosi di Paricatuba e nel pregiudizio millenario della società verso queste persone. Era li! Nel corpo malnutrito e maltrattato dei bambini delle favelas e di quelli che abitavano lungo le rive dei grandi fiumi. Era già li! Nel cuore e nell’anima di tante donne stanche della loro vita oppressa dai mariti e dalla società, stanche e di essere ridotte a oggetto di consumo e sfruttamento.
Anche a Balsas, nel Maranhão, Gesù mi ha sempre preceduta. Quando sono arrivata, Gesù era già li! L’ho riconosciuto negli esclusi del Bairro Nuova Tresidela (luogo di sbandati e criminali, come tutti dicevano), che sentivano su di sé come un marchio indelebile. Lui era nella discarica comunale, nella periferia umana e sociale degradata. Era in un’umanità degradata nella dignità, nella salute, nelle relazioni umane, segnata da liti, furti e dalle violenze dei Boss che trafficano droga e alcol). Lui era li! Nel corpo e nell’anima di tante donne ferite dalla brutalità e dalla violenza del marito. Era nel dolore di famiglie distrutte dall’alcol e dalla droga. Gesù era già lì alla Nuova Tresidela, anche nella religiosità popolare, semplice e sincera di questa gente. Io ho vissuto per e con tutte queste persone, per aiutarle a conoscere meglio quel Gesù che era lì con loro, presente nella loro sofferenza per aiutarle a uscirne. Sono stata con loro, nella solidarietà e nell’amicizia, per aiutarle a conquistare la dignità di figli di Dio, dare loro speranza e permettere al Regno di Dio di realizzarsi in quelle realtà».

Ci puoi raccontare quali sono state le emozioni che hai provato la prima volta che hai toccato la tua terra di missione?

«Tante le emozioni che si accavallavano dentro di me: gioia, gratitudine, stupore e curiosità verso la nuova realtà; tristezza e molti ‘perché’ davanti alla povertà e soprattutto davanti alle tante contraddizioni presenti ovunque».

Sei vissuta come missionaria per la chiesa brasiliana: quali sono stati i momenti più forti che hai vissuto e che ci vuoi raccontare?

«Sono vissuta come Missionaria, inviata e a nome della mia Diocesi di Pistoia, nella Chiesa di Manaus e di Balsas, in due Stati, in realtà e in momenti differenti e distanti negli anni.
Il primo momento più forte è stato quando il vescovo Mario Longo Dorni nella Cattedrale di Pistoia nel novembre 1974, mi ha conferito il mandato missionario per la Chiesa sorella di Manaus. Il Brasile del ‘74 viveva una dura repressione militare e la Chiesa, soffrendo con i poveri, i perseguitati e le tante persone uccise e scomparse, viveva la teologia della liberazione. Era un momento forte e doloroso segnato dalla morte di catechisti, sacerdoti, suore e persone che difendevano i diritti umani.
Un altro momento forte fu la prima Messa celebrata a Paricatuba con i lebbrosi che porgevano “il resto delle loro mani” per ricevere quel Gesù che era già lì con loro, sofferente nella loro sofferenza e mutilato nelle loro mutilazioni.
A Manaus momenti forti sono stati gli incontri con le persone delle comunità sparse lungo le rive dei grandi fiumi (Rio Negro e Rio Solimões), le riunioni, le celebrazioni con loro. Ci sono poi stati i momenti di spiritualità e le celebrazioni con i “lideres” della Pastorale di bambini.
A Balsas non posso dimenticare la prima visita al Bairro Nuova Tresidela e alla discarica comunale; il primo Natale celebrato nel Bairro Nuova Tresidela, in una capanna di paglia e con un Gesù Bambino nato da due giorni; la celebrazione nella quale fu posta la prima pietra della Casa della Comunitá. E poi le celebrazioni di religiosita popolare con i “Benditos” cantati dalle “matriarche” della Comunitá, la festa del “Divino”, la festa dei “Santi Re Magi”; la festa di San Lazzaro con la cena per i cani.
Ma ci sono stati tanti momenti forti, ogni volta che mi incontravo con le persone, i più poveri, i malati».

Sei stata coordinatrice di tanti progetti come il Progetto Tresidela Nova. Come si è sviluppato nel tempo e quali difficoltà hai dovuto affrontare?

«Il Progetto Tresidela Nova, da piccolo che è nato…ora è diventato grande.
Le difficoltà erano tante: la situazione socio economica del Bairro, delle famiglie, dei bambini e adolescenti lasciati a sé stessi e per strada. La situazione economica per portarlo avanti, farlo crescere e far fronte alle tante necessità. La realtà pesante della droga e della violenza familiare; l’analfabetismo nella quasi totalità delle persone.
Nel tempo e con la nostra presenza è cresciuta, il progetto, volto all’accoglienza e all’accompagnamento di bambini e adolescenti, si è fatto conoscere ed è stato riconosciuto dalla società Balsense. Oggi molti amici di Balsas lo sostengono materialmente e economicamente e si sentono partecipi del Progetto. La Biblioteca, nata timidamente con circa 100 volumi usati ricevuti in regalo, oggi conta un’ampia sala di lettura e quasi 4 mila volumi. Lo sviluppo della Biblioteca è stato così grande che abbiamo ‘osato’ realizzare, per la prima volta in Balsas, la Fiera del Libro. Nel 2017 abbiamo realizzato la terza edizione di questa iniziativa con la cooperazione e la partecipazione del Comune, delle scuole e di tantissime altre persone.
Molti ragazzi, che sono stati accolti dal nostro progetto oggi sono educatori. Una di loro si è già laureata in lettere, l’altra in Pedagogia, altri stanno frequentando l’Università. Anche il Bairro è migliorato. La strada è asfaltata, acqua e luce sono in tutte le case, i bambini vanno a scuola e vengono al Progetto nel resto della giornata. Anche la città vede il Bairro Nuova Tresidela con occhi differenti. Non è più un luogo di sbandati e drogati. Nessuno ha più paura di andarci».

Durante i tuoi lunghi anni in Brasile ha lavorato a tanti i progetti e campagne per la difesa dell’ambiente e della dignità umana. Quali obbiettivi ti senti di avere raggiunto?

«Alla fine, non siamo riusciti a realizzare sempre tutto, ma penso a Paricatuba e al lavoro con gli hanseniani (quelli che siamo abituati a chiamare, con un certo disprezzo “lebbrosi” ndr). Certamente non abbiamo debellato la malattia e l’isolamento, ma abbiamo ridato loro quella dignità umana e di figli di Dio che gli era stata tolta e li abbiamo fatti sentire di nuovo amati.
Il mio lavoro nella Pastorale dei bambini aveva come obiettivo principale salvare i bambini dalla morte prematura, insegnando alle mamme come prevenirla. Le mamme hanno collaborato e di bambini ne abbiamo salvati tanti.
A Balsas, il Progetto Tresidela Nova, è ancora in atto, ma certamente ha raggiunto una parte dei suoi obiettivi. Adolescenti e Giovani che attraverso l’arte hanno imparato e imparano a sognare e desiderare una vita differente. Alcuni di loro già hanno cambiato vita, altri la stanno cambiando adesso, studiando e laureandosi. Alcuni dei bambini e adolescenti che io ho trovato all’inizio del progetto e sono stati oggetto delle nostre attenzioni oggi sono educatori per lo stesso progetto.

Molti progetti e campagne le ho vissute in prima linea, non da sola, ma con l’aiuto e il contributo di tanti altri amici. Gli obiettivi raggiunti? Piccoli, puntuali, localizzati. Forse non sempre realizzati. Ma importante è porsi il problema, farlo presente agli altri e lottare perché, in qualche modo, le cose cambino».

In questi anni hai vissuto accanto ai poveri nella periferia della città. Ci puoi raccontare cosa ha significato per te questa esperienza di vita?

«Vivere e andare alle periferie urbane e esistenziali non è un’esperienza di vita, ma una “lezione di vita e per la vita intera”. I poveri, senza saperlo e volerlo, ci insegnano e ci condannano, ci fanno scoprire e sentire la nostra colpa. Ci insegnano la sobrietà, a vivere con l’essenziale e ci mostrano come per vivere degnamente non servono nè molte, nè grandi cose. Per questo il loro vivere ci condanna per tutto il superfluo di cui ci circondiamo, per lo spreco continuo che alimenta il nostro stile di vita, per i bisogni inutili che vogliamo soddisfare.
La fede, per loro, non ha bisogno di tanta esteriorità e mi ha sempre lasciato ammirata, la loro semplicità nell’esprimerla, il loro relazionarsi con Dio, con la Madonna e i tanti Santi loro protettori, ai quali sono devotissimi e che tengono negli “oratori” in un angolo privilegiato della casa. Non posso dimenticare le loro feste, i loro “benditos” cantati dalle matriarche della comunità fino a notte fonda senza stancarsi.
Con Don Tonino Bello mi viene da dire: “vivere con gli ultimi, significa lasciarsi coinvolgere dalla loro vita. Prendere la polvere sollevata dai loro passi. Guardare le cose dalla loro parte”. Tutto questo, cambia la vita; ha cambiato la mia vita».

Quanto è stato importante il legame con i sacerdoti fidei donum della nostra diocesi, tra i quali Don Umberto Guidotti?

«Questo legame è stato importantissimo, perché non si può stare e lavorare insieme se non c’è qualcosa che ci accomuna, qualcosa che ci lega, ci fa sognare un futuro differente per tutti. Eravamo a Manaus non per noi stessi, ma per gli altri!
Il Progetto proposto dalla Diocesi di Manaus alla Diocesi di Pistoia nel lontano 1974, richiedeva l’invio di Sacerdoti e laici per accompagnare le comunità abbandonate e sparse sulle rive dei grandi fiumi, nei laghi e lungo gli “igarape” (bracci di fiume che entrano nella foresta). Siamo partiti in due: io e Don Guidotti. A Manaus ci aspettava padre Cesare de Florio e la comunità del Beco do Macedo. A Cacau Pirera ci aspettava una piccola comunità e due suore: Suor Bruna Coderni (Italia) e suore Gabrielle Cogels (Belgio). Un anno più tardi ci ha raggiunti Don Enzo Benesperi e dopo i laici Berta Cavicchi, Grazia e Stefano Salvatori. Alcuni anni dopo è arrivato don Carlo Goffredi che è rimasto con noi un anno. Un lavoro come quello a noi affidato, in un’area vastissima, con tante e diverse necessità e problemi chiedeva l’impegno di tutti: laici, suore, sacerdoti. Ognuno aveva il suo compito specifico e allo stesso tempo le nostre azioni si univano e si fondevano perche non si può scindere il sacro dall’umano, lo spirituale dal corporale e l’obiettivo, il sogno, era comune per tutti.
Anni di lotte, successi e insuccessi. Anni belli, di tante cose viste, imparate, vissute.
Don Umberto Guidotti è sempre stato per tutti noi un punto di riferimento per la sua grande e vasta conoscenza e per la sua capacità di sintesi e di far capire le cose e i problemi».

Quanto è cambiato il Brasile in questi 40 anni? Che paese ti sei lasciata alle spalle?

«In questi 43 anni il Brasile ha subito cambiamenti enormi, nel bene e nel male.
In campo politico è passato dalla Dittatura Militare con tutte le sue aberrazioni, alle elezioni dirette, a un governo di sinistra con un metalmeccanico come Presidente (Lula) che ha cambiato, in meglio, la vita del paese e di milioni di Brasiliani.
Oggi, come tutti sappiamo, il Brasile è governato da un presidente di destra, frutto di un ‘golpe’ politico che ha destituito la presidente eletta Dilma Rousseff, e che ha fatto mettere in prigione l’ex Presidente Lula. Per questo oggi il paese sta vivendo un periodo molto confuso e difficile, con dinamiche che vanno a scapito dei più poveri, con spettri che tornano in scena, come fame, miseria dilagante. È un momento con tante ingiustizie, contraddizioni e contrasti. Nemmeno oso immaginare cosa può succedere da qui a ottobre quando ci saranno le elezioni presidenziali.

Nel campo ecclesiale, dal tempo bello e entusiasta del dopo Concilio, con Medellin, la Teologia della Liberazione, le Comunità Ecclesiali di Base, con vescovi e cardinali che, senza timore e come buoni pastori e profeti, vivevano per il loro “gregge”, lo difendevano e alzavano la voce contro i lupi della Dittatura e i soprusi da loro realizzati, siamo passati oggi all’assenza di vescovi e cardinali profeti, alla nascita di innumerevoli movimenti e gruppi “intimistici”, che poco intercettano le esigenze del popolo e i suoi problemi. Assistiamo alla nascita di nuove “congregazioni” femminili e maschili in stile francescano, ma anche al ritorno anti-conciliare dell’esteriorità nelle vesti e nella liturgia. Questo è il Brasile che ho lasciato; mi sembra, però, che molti aspetti siano presenti anche qui in Italia e a Pistoia».

Il tuo è stato anche un grande ruolo di educatrice. Penso all’albero delle farfalle che hai realizzato lì a Balsas. Quanti dei giovani che hai incontrato hanno preso il volo verso una vita libera, bella e buona?

«Ci siamo educati a vicenda. È stato questo amore profondo per il mondo e le persone che ci ha sempre dato il coraggio di impegnarci gli uni per gli altri. Se tanti giovani sono cambiati e hanno “preso il volo” anch’io sono cambiata, non sono più la stessa grazie a Dio e a tutto questo. Quando lavori, semini, cerchi di educare e educarti, non pensi mai quanti e quali saranno i frutti. Lavori, semini, vivi con loro, ami e…basta. Molti frutti non li vedremo mai e il successo appartiene solo a Dio.
Importante, anzi, direi l’unica cosa che conta è che il mio lavoro, il mio farmi prossima, il mio vivere con loro e per loro, abbia fatto bene a qualcosa e qualcuno, al punto di suscitare sogno e desiderio di trasformazione, che abbia lasciato un’impronta buona, segno, sogno e speranza di un altro mondo possibile».

Daniela Raspollini




CARMIGNANO: DISTRUTTO IL PORTICO DELLA CHIESA DI SAN MICHELE

Si contano i danni all’antica struttura. Per il momento la chiesa rimane chiusa in attesa dell’esito delle verifiche strutturali

CARMIGNANO  – Questa mattina – come già riportato da molte testate  – un mezzo dell’ALIA l’azienda pubblica del servizio di raccolta dei rifiuti, ha abbattuto il portico della pieve di San Michele a Carmignano. Al momento sono ancora in corso gli accertamenti sulla dinamica dell’incidente che ha provocato ingenti danni al portico della chiesa.

Del fatto è stata immediatamente avvertita la Soprintendenza di Firenze che sta già gestendo la messa in sicurezza del porticato tramite la transennatura e puntellatura delle parti pericolanti. Domani proseguirà il sopralluogo con l’analisi della portata dei danni a carico della struttura. Al momento la chiesa è chiusa per motivi di sicurezza, almeno fino quando non sarà del tutto chiara la situazione strutturale del complesso.

«Esprimo tutta la mia vicinanza alla comunità parrocchiale e al parroco Don Claudio Ciurli per l’incidente. Sono addolorato – afferma il vescovo Tardelli – per il grave danno arrecato al complesso di Carmignano, realtà ricca di storia ma fragile, collocata in uno dei luoghi più suggestivi della nostra diocesi. La diocesi di Pistoia seguirà con attenzione lo sviluppo della vicenda per assicurare il recupero dell’antico portico e la fruibilità della chiesa».

La pieve di San Michele, nota per ospitare la “Visitazione” del Pontormo  – celebre capolavoro del Rinascimento  – un antico insediamento francescano di fine Trecento.

Da poche settimane la “Visitazione” si trova in mostra a Palazzo Pitti presso la Galleria Palatina di Firenze, in occasione della mostra “Incontri Miracolosi: Pontormo, dal disegno alla pittura”. Il prestito internazionale dell’opera fa parte del progetto di found raising “Visiting Visitation”, finalizzato a finanziare gli ingenti lavori di restauro dell’antico complesso di Carmignano (www.pontormo.it). La Visitazione, che si sposterà con la mostra prima a New York e poi a Los Angeles, farà ritorno a Carmignano nella primavera 2019.

comunicato UCS




CORPUS DOMINI: FESTA DELLA COMUNIONE PER LE VIE DELLA CITTÀ

«Oggi è la festa della comunione per eccellenza, della comunione con Gesù di tutti noi». Mons. Tardelli, vescovo di Pistoia tratteggia con poche e semplici parole la solennità del Corpus Domini domenica 3 giugno. Si rivolge, particolarmente, ai tanti bambini presenti in cattedrale che si sono da pochi giorni accostati al sacramento dell’eucaristia. Insieme a loro, vestiti a festa per la solenne processione eucaristica, i genitori, i catechisti e tanti fedeli della comunità pastorale del Centro Storico.

La solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Gesù propone alla Chiesa la meditazione, adorazione e riflessione sul pane e il vino dell’Eucaristia. «Pane e vino – ha ricordato Mons. Tardelli – che ci nutrono per la vita piena, ma anche pane e vino della condivisione e dell’amore fra di noi».

«Il pane e il vino dell’eucarestia – ha poi aggiunto il vescovo – sono il pane e il vino del cammino, cammino della vita e della testimonianza nella città degli uomini».

Al termine della Santa Messa, infatti, come da tradizione, si è svolta lungo le strade del centro cittadino la processione con il Santissimo Sacramento. Quest’anno, per la prima volta dopo molto tempo, la processione si è svolta di mattina. Una variazione che, nonostante il caldo, ha trovato piena risposta dalla città. Alla processione, accompagnata dalle note della Banda Borgognoni – hanno partecipato tutte le parrocchie del Centro Storico, con una celebrazione unitaria che ha raccolto fedeli, sacerdoti e volontari di diverse realtà ecclesiali. Un momento di popolo che si è trasformato in occasione e stimolo di comunione.

La santa messa celebrata dal vescovo ha concluso inoltre, per il secondo anno consecutivo, le Quarantore di preghiera dinanzi al Santissimo esposto nel Battistero di San Giovanni in Corte. Tanti fedeli appartenenti a diverse parrocchie, gruppi, associazioni e movimenti hanno animato, infatti, la due giorni di preghiera non stop. La grande aula ottagonale del Battistero, carica di storia e suggestione, ha favorito la partecipazione anche di semplici passanti, sostenendo e incoraggiando la preghiera davanti al Santissimo Sacramento.

(redazione)




DUE ANNI DI “CONSILIUM MULIERUM”

“La moltitudine di coloro che eran venuti  alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva  sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune” (At 4,32).

Il Mulierum Consilium, pur lontano dalla originaria comunità evangelica, vuole però in essa radicarsi e ad essa inspirarsi, per questo il documento non è firmato da una donna del gruppo, ma dall’intero Consiglio, che con il tempo è diventato una realtà di comunione e di comunicazione, di confronto e di reciproco rispetto, una condivisione di punti di vista diversi … nella consapevolezza di appartenere ad un disegno imperscrutabile e non sempre comprensibile, ma che scopre che “camminando s’apre cammino”, insieme, sulle ali dello Spirito Santo, accogliendo, con il desiderio di passare ‘inosservate’, mancanze o mutilazioni del proprio pensiero e personalità, perché questa è per noi l’umiltà evangelica.

Questo Consilium, voluto dal vescovo Fausto Tardelli e basato ‘istituzionalmente’ sul Codice di Diritto Canonico (cann.228 § 2; 212,2.3), è profondamente radicato nel mistero trinitario e della Chiesa; Chiesa quale popolo di Dio, in cui tutti  sono partecipi e corresponsabili nella costruzione  della Sua città.

Il Consilium è la chiamata della donna, laica o consacrata, ad un ‘servizio’ nella nostra Chiesa, … dodici sono le donne con-vocate e questo numero ha un grande valore: gli apostoli, infatti, erano dodici! Queste donne sono molto diverse tra loro, per appartenenza sociale, personalità, professione, formazione, vocazione, esperienze di fede e di vita.

E’ questo il grande discernimento del Vescovo: unire carismi, fragilità, difetti diversi, per creare ‘comunione’ attraverso il dialogo su temi di pesante attualità da cui la Chiesa, oggi come ieri, è interpellata:  la formazione e la valorizzazione dei vari carismi;  il diaconato permanente; la comunione e corresponsabilità tra il Vescovo e le varie realtà diocesane, per promuovere realizzazioni e processi di crescita della nostra Chiesa; i vari volti della povertà –da quello sociale a quello spirituale;  la pedofilia – cercando di impostare un percorso di prevenzione e recupero, in cui sono fondamentali osservazione e vigilanza; la pastorale o forse ‘missione’ tra i giovani; l’uso responsabile dei media – ricordando che oggi ogni parola spesa sui social network diventa pubblica …

Questa particolare attenzione che il Vescovo ha riservato alle donne non risponde ad una questione di ‘quota rosa’ nella diocesi, ma è il tentativo di valorizzare uno specifico femminile, di ascoltare, nella Chiesa istituzionale, il cuore della donna, facendole sentire il polso della situazione in ‘zone periferiche’ alla Chiesa stessa.

Il confronto e lo scambio sono un servizio reso con semplicità: se uno dovesse pensare a dei risultati decisivi e concreti potrebbe rimanere deluso; in realtà la presenza del Consilium rappresenta lo sforzo di comunicare in modo ‘silenzioso’ la presenza apostolica, con lo scopo di giungere là dove il Vescovo, da solo, non può giungere, in quelle regioni del cuore umano spesso scristianizzate, cercando di “farsi tutto a tutti” e ricordando che la vita apostolica non ha nido né tana ove riposare se non nella  volontà di Dio.

Crediamo che il Mulierum Consilium possa servire a non lasciare solo il Vescovo, come le donne, con Maria, fecero sotto la croce. Nell’obbedienza alla Santa Madre Chiesa, ci affidiamo al nostro Vesovo, affinchè ci plasmi attraverso il suo carisma e la sua perseverante preghiera.

Il compito fondamentale di ognuno di noi, delle donne e del loro Vescovo, è quello di restare ove sono, prendendo la loro croce per seguire il Cristo, attenti ad ogni ‘sofferenza’ materiale e spirituale, memori di ritrovarsi mai per giudicare ma per vivere l’esser figli di Dio, il che comporta essere sorelle agli altri….

Il Mulierum Consilium è grato al Vescovo Fausto e lo ringrazia di questi due anni trascorsi…che Maria ci aiuti a sentirci un noi ‘senza diritti’ da difendere, un amore orante che copra le ferite di coloro che ci sono a fianco.




PER RICORDARSI CHE LA CHIESA VIVE DELL’EUCARESTIA

La solennità del Corpus Domini, il prossimo 3 giugno, sarà accompagnata dalla preghiera delle Quarantore e dalla Processione per le vie del Centro storico.

La prossima solennità del Corpus Domini è uno degli appuntamenti liturgici più sentiti dai fedeli. A Pistoia la celebrazione della festa sarà accompagnata da alcuni significativi momenti di preghiera. Alessio Bartolini, dell’ufficio liturgico diocesano ci aiuta a scoprirne la storia e il significato.

Per il secondo anno la Diocesi ripropone le tradizionali Quarantore: due giorni di adorazione eucaristica in vista del Corpus Domini. Quali sono le novità di quest’anno?

La principale novità di quest’anno sarà che l’adorazione eucaristica non si terrà in Cattedrale ma nel battistero di San Giovanni in Corte. È una bella occasione non solo per pregare in uno dei luoghi storici della nostra città, ma anche per meditare sull’unione stretta tra il Sacramento del Battesimo e l’Eucaristia, per riscoprire la gratuità dell’amore di Dio che si comunica agli uomini nei Sacramenti.

Come nasce la tradizione delle Quarantore?

L’esposizione del Santissimo Sacramento, detta Esposizione delle Quarant’ore, ebbe questo nome in memoria del tempo che Gesù stette nel santo sepolcro. Una volta, questa pia pratica era in grado di rivoluzionare le nostre città e contrade perché l’intenzione era quella di condurre i peccatori alla conversione.

La simbologia del numero quaranta, nella tradizione delle Sacre Scritture, rappresenta un periodo di purificazione ed espiazione per condurre i fedeli al traguardo della salvezza. Quaranta è il numero della tribolazione e della prova, della penitenza e del digiuno, della preghiera e della punizione: quaranta giorni e quaranta notti durò il Diluvio Universale e Mosè sostò quaranta giorni sul Monte Sinai in attesa ricevere la Legge (Es 24,38); il cammino nel deserto del profeta Elia (1 Re 19,8) e il periodo della penitenza nella città di Ninive (Gio, 3) durarono quaranta giorni; il viaggio nel deserto degli Ebrei durò quaranta anni; il periodo del digiuno di Nostro Signore Gesù, dopo il Battesimo, durò quaranta giorni ed in seguito anche la Quaresima (tempo di Passione) della Chiesa ha recuperato questa durata. Anche l’apparizione di Cristo ai suoi discepoli avvenne quaranta giorni dopo la Resurrezione e il corpo di Nostro Signore rimase nel Sepolcro per quaranta ore.

Fino a qualche decennio fa in molte delle nostre parrocchie, vi era l’usanza delle Quarantore di Carnevale (i giorni prima delle Ceneri ) e delle Quarantore di Pasqua.

L’esposizione solenne del pane eucaristico all’adorazione dei fedeli, quale atto di devozione al SS. Sacramento, si svolgeva per un periodo di quaranta ore distribuite in diversi momenti dell’arco di tre giorni come occasione di preghiera e di intercessione, spesso anche per pubbliche necessità ed era spesso conclusa, specialmente nel caso delle Quarantore Pasquali, da una imponente Processione Eucaristica.

Associazioni, movimenti, gruppi di fedeli sono chiamati ad alternarsi nell’adorazione eucaristica. Come possiamo invitarli a partecipare?

L’invito è senza dubbio rivolto a tutti i fedeli, ma sarà anche una occasione di riflessione per tutte le aggregazioni laicali, per i movimenti, per i consacrati e le consacrate, per i presbiteri ed i diaconi, per fermarsi a tu per Tu con il Signore, per trovare ristoro e lasciarsi plasmare e rigenerare dall’incontro e dal dialogo cuore a cuore con Gesù, in questo periodo intenso di attività pastorali.

È importante ricordare il valore della solennità del Corpus Domini. Qual è l’originalità di questa festa?

Il Sacrificio eucaristico è «fonte e apice di tutta la vita cristiana» (Lumen Gentium, 11); in essa ogni uomo sperimenta il realizzarsi della promessa di Gesù: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Per questo il Santo Padre Giovanni Paolo II scrisse che «La Chiesa vive dell’Eucaristia!». La festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo ci invita a pensare che l’eucaristia «non è soltanto un’esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi, il nucleo del mistero della Chiesa». (Ecclesia de Eucharistia,1).

Il pontificale del vescovo sarà seguito dalla processione per le vie del centro Storico: un appuntamento che rievoca una devozione molto popolare. Quale messaggio porta con sé questo momento di preghiera e testimonianza?

Il nostro camminare e portare Gesù Eucaristia, per le strade della città degli uomini è un segno importante. Essere Chiesa in uscita è farsi compagni di strada agli uomini, come il Cristo Risorto con i discepoli di Emmaus, per ascoltare, accogliere, discernere, prendersi cura, ma prima ancora per farci ardere il cuore dalla Parola e dall’amore di Cristo.

Il nostro pregare e testimoniare il Dio dell’Amore lo facciamo con una processione, cioè con un rito, con qualcosa di concreto che avviene nello spazio e nel tempo, nell’oggi, qui e ora. Scrive un eremita dei nostri giorni: «Pregare non è chiudersi nella recita di parole pie, ma portare il nostro cuore e il mondo intero nel cuore di Dio, perché la Chiesa non è tanto una istituzione ma la compagnia dei poveri di Dio nella speranza…»

 Quest’anno la processione si svolgerà per le vie del centro storico in un orario differente…

Si quest’anno su invito del Vescovo abbiamo anticipato la Processione in orario mattutino, dopo il Pontificale delle ore 10.30. Ritorno ad un’antica prassi della Chiesa Pistoiese, come di molte altre Diocesi del Centro Italia, di celebrare  il Corpus Domini al mattino all’interno delle mura della civitas.

 Daniela Raspollini




PORTARE E CONDIVIDERE IL ‘PANE’ DELLA PAROLA NEL QUOTIDIANO

Il punto su i gruppi di ascolto del Vangelo in Diocesi tra fatiche, riprese, proposte

Lunedì 14 Maggio scorso il vescovo Fausto ha incontrato gli animatori dei gruppi di ascolto del Vangelo della Diocesi, che in quest’anno pastorale, 2017-2018, hanno letto la lettera di Giacomo. Tutti hanno avuto la possibilità di raccontare al vescovo la propria esperienza riconoscendone il valore evangelizzante, esprimendo le difficoltà e le speranze di un cammino di condivisione della Parola che ormai ha più di 10 anni. Non erano presenti tutti gli animatori dei gruppi, ma una parte significativa di essi e questo ha permesso di constatare che questa iniziativa è diffusa in tutta la diocesi e raggiunge un grande numero di persone. Tutti sono stati d’accordo nel dire che tali gruppi lasciano una traccia significativa nel cuore di chi vi partecipa. Come ha scritto Piero Giacomelli, uno degli animatori: «anche se i gruppi sembrano diminuiti, dobbiamo “tener duro” e non abbatterci; quello che riceviamo infatti è molto più di quello che riusciamo a dare».

Gli incontri di ascolto del Vangelo si svolgono in famiglia su iniziativa della propria parrocchia; in un clima di semplicità, raccogliendo vicini, amici, parenti e chiunque in parrocchia abbia desiderio di partecipare. Dopo aver invocato lo Spirito Santo con una preghiera, si legge il brano biblico suggerito dal sussidio offerto dalla diocesi, sussidio intonato al programma pastorale delineato dal nostro vescovo. Quest’anno con la lettera di Giacomo abbiamo riflettuto sul tema pastorale dell’anno 2017-2018: i poveri.

Il vescovo dopo aver ascoltato i vari interventi si è rallegrato per quanto è stato raccontato e condiviso, esortando tutti a continuare con fiducia e solerzia quest’esperienza che è un dono per tutta la chiesa di Pistoia. Tra le varie cose dette, egli ha voluto sottolineare alcune realizzazioni particolari di questa esperienza e sollecitare nuovi cammini possibili. Così ha mostrato un apprezzamento particolare per l’iniziativa di coloro che si riuniscono come gruppo di ascolto in casa dei malati ed alternano l’incontro di condivisione della Parola con un incontro di preghiera; questo modo itinerante di realizzare il gruppo dà voce a quello che papa Francesco chiama «Chiesa in uscita». Inoltre, il vescovo ha sollecitato la nascita di nuovi gruppi di ascolto presso famiglie di giovani sposi, oppure presso i genitori dei bambini che si preparano alla prima comunione perché facciano anche loro un cammino di riscoperta della fede ascoltando il Vangelo in famiglia.

Concludendo il vescovo ha annunciato il tema del prossimo anno pastorale, che ispirerà la scelta del testo biblico e la composizione del sussidio che verrà offerto; il tema dell’anno è dunque «una comunità fraterna e missionaria»; esso costituirà il filo conduttore di tutte le attività pastorali, favorendo la comunione diocesana, come ha evidenziato il nostro vescovo.

Questa iniziativa richiama l’esperienza della prima comunità cristiana, quando gli Atti degli Apostoli raccontano che, all’indomani della Pentecoste, i credenti «spezzavano il pane nelle case» (At 2,46). Portare e condividere il pane della Parola nel proprio quotidiano, nell’ambiente dove viviamo, nel tessuto vitale della nostra esistenza, indica un preciso stile missionario e di annuncio.

Ancora oggi, quindi, dopo un cammino di diversi anni, questa proposta pastorale è attuale ed è oltretutto intonata con le linee del pontificato di Papa Francesco che dice nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium: «La gioia del Vangelo che riempie la vita dei discepoli, è una gioia missionaria… È fondamentale che la Parola rivelata fecondi radicalmente la catechesi e tutti gli sforzi per trasmettere la fede. L’Evangelizzazione richiede familiarità con la Parola di Dio e questo esige che le diocesi le parrocchie e tutte le aggregazioni cattoliche propongano uno studio serio e perseverante della Bibbia, come pure promuovano la lettura orante personale e comunitaria» (EG 21;175). Che queste parole divengano un invito e una sollecitazione verso tutti coloro che ancora non hanno fatto questa esperienza.

Suor Giovanna Cheli – Ufficio per la Catechesi e l’Evangelizzazione




ANZIANI E ALZHEIMER: L’ECCELLENZA PISTOIESE

Il 18 e il 19 Maggio a Montecatini Terme si è svolto un importante convegno nazionale sui Centri Diurni Alzheimer. È il nono appuntamento promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia in collaborazione con i Centri Diurni Monteoliveto.

Il vescovo Tardelli è intervenuto all’apertura del convegno sottolineando l’importanza della presenza di questi centri sul territorio pistoiese e del prezioso lavoro che in essi vi viene svolto. Un particolare ringraziamento lo ha rivolto al professor Giulio Masotti, presidente onorario della Società Italiana di geriatria e gerontologia e da sempre attivo nei centri di Pistoia.

Al convegno di Montecatini è stato presentato anche un cortometraggio realizzato dal regista Gabriele Cecconi presso il Centro Diurno Alzheimer. «Il cortometraggio – ha spiegato Francesca Longinotti, coordinatrice dei due centri diurni di Pistoia – ben evidenzia uno dei principali obiettivi delle equipe che prestano servizio presso i Centri di Monteoliveto: la stimolazione degli ospiti attraverso la musicoterapia e attività ricreative-occupazionali». La coordinatrice ha inoltre ringraziato i familiari degli ospiti che hanno dato l’autorizzazione alle riprese e quindi permesso la pubblicazione del cortometraggio.

I centri di Pistoia, che oggi rappresentano una risposta importante per le difficili situazioni di tante famiglie, sono stati voluti con ostinazione e tenacia dal vescovo Simone Scatizzi nei locali della Casa dell’Anziano e del Seminario vescovile di Pistoia, ed oggi costituiscono un fiore all’occhiello della nostra diocesi.

Il centro Diurno per Anziani disabili, che ha avviato la propria attività nel 1996, è stato concepito e realizzato per disabilità di vario tipo, ivi compresa la disabilità associata a deterioramento cognitivo. Nel centro sono ospitate circa 25 persone al giorno di cui 16 non autosufficienti e 9 con limitata autonomia per sei giorni a settimana. Molti altri lo frequentano in base alla proprie necessità.

Il centro Diurno Alzheimer presenta dei locali attrezzati e all’avanguardia per i propri ospiti ed è anche fornito di un giardino Alzheimer, realizzato con la collaborazione di due aziende vivaistiche pistoiesi, progettato per passeggiate in sicurezza e arricchito da piante tipiche del territorio. Attualmente frequentano il Centro 14 persone al giorno per sei giorni la settimana, insieme a numerosi altri utenti saltuari.

Entrambi i centri offrono assistenza infermieristica, attività di rieducazione funzionale, riabilitazione neuromotorie e stimolazione cognitiva. Accanto a queste attività è offerta un’assistenza socio-assistenziale e il trasporto a domicilio tramite mezzi idonei. Nei centri si svolgono anche momenti ricreativi, culturali e occupazionali.

Dal 2018 la Casa dell’Anziano è stata assorbita dalla Fondazione Sant’Atto per l’inclusione e la solidarietà ONLUS su volere del vescovo Tardelli. La fondazione è il braccio operativo della diocesi di Pistoia che intende promuovere, coordinare e valorizzare le esperienze di carità, accoglienza e solidarietà.

Daniela Raspollini




CON SAN FRANCESCO ALLA SCOPERTA DI CRISTO POVERO

Una sintesi del ritiro spirituale con il vescovo a Bocca di Magra

Il monastero Santa Croce di Bocca di Magra è sempre il luogo perfetto per il ritiro spirituale che il Vescovo Tardelli anche quest’anno ha predicato alle aggregazioni laicali della Diocesi. Il luogo è meraviglioso, carico di spiritualità, di silenzio e preghiere, ma anche di bellezze naturali e vedute impareggiabili, di profumi intensi e colori delicati; con il rumore del mare che accompagna il riposo notturno!

È dunque il luogo ideale per uno degli atteggiamenti fondamentali indicati dal vescovo per questo ritiro: il silenzio, interiore ed esteriore, un “luogo privilegiato” per l’ascolto di Dio; non tanto perché le vicende della quotidianità non abbiano valore in sé, quanto perché talvolta occorre allontanarsene per fare come anche Gesù faceva: cercare un luogo in disparte e dialogare con il Padre.

Anche noi ci siamo allontanati dalla quotidianità e dalla famiglia, nella convinzione che questi pochi giorni – da domenica 28 aprile a martedì 1 maggio u.s. – siano un dono, un tempo di grazia nei quali Dio ci può cambiare, perché possiamo portare frutti anche nella nostra vita una volta tornati a casa.

Il tema del ritiro era il seguente: «Alla sequela di Gesù povero». Il Vescovo ci introdotto alla meditazione con un celebre brano della lettera ai Filippesi di Paolo (Fil 2-5,11): «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce».

In San Francesco d’Assisi il vescovo Tardelli ci ha indicato l’esempio più luminoso per illustrare cosa significhi vivere alla sequela di Gesù povero, innamorarsi di Lui, lasciarsi guidare da Lui. Chi guarda Francesco impara a lasciarsi cambiare la vita, alla ricerca continua di Colui che già ci ha trovato.

La nascita di Gesù è un segno grande di povertà e umiltà e Francesco ci si è soffermato talmente a fondo che ha ideato il Presepe vivente di Greccio. Francesco, infatti, «meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere, ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro». (Tommaso da Celano, Vita Prima, cap. 30, 84). Una nascita nella povertà – ci ha ricordato il vescovo – che è segno di uno stile di vita povero. Molto probabilmente Gesù ha lavorato con il padre e condotto una vita modesta e sobria, senza lussi. Con l’inizio della vita pubblica prende a vivere come un pellegrino, sempre in viaggio, ospite di questo e di quello, sostenuto dalla carità di pie donne (Luca 8-1,4). Una vita modesta, senza potere: Gesù agli occhi del mondo non conta nulla e non ha nessuno che lo difenda; per sua scelta fa a meno di esercitare il potere e accetta di non contare niente, egli è «mite ed umile di cuore» ed è venuto nel mondo «non per essere servito ma per servire» (Mt 20,28).

Sbaglieremmo però, se considerassimo la povertà di Gesù solo secondo un aspetto materiale o di potere; perché in realtà la povertà vera e profonda è la povertà di sé, la rinuncia a sè stesso e l’abbandono totale nelle mani del Padre. La volontà di Gesù – ci ha ricordato mons. Tardelli – è assorbita completamente da quella del Padre al punto che Egli vuole ciò che vuole il Padre.

La povertà materiale e di potere è solo il segno esteriore della povertà interiore che rappresenta l’amore per il Padre e per noi; è abbandono al Padre che non vuole che alcuno si perda e il calice amaro dell’orto dei Getsemani; è il calice pieno dei nostri peccati che Cristo accetta di bere sino in fondo per amore nostro.

Ma cosa significa seguire Gesù povero?

Il Vescovo ci ha indicato quattro modi: il primo è capire che la povertà è una beatitudine; il secondo è riconoscere quali sono le nostre false ricchezze, terzo fare i conti con le nostre povertà e ultimo, ma non meno importante, servire i poveri.

Francesco ci indica la via che dobbiamo seguire con il discernimento guidato dallo Spirito Santo. Per il poverello di Assisi, infatti, abbracciare Madonna Povertà è stata la strada della beatitudine, quella che gli ha ispirato il Cantico delle Creature, che non è il canto non di uno sconfitto, ma di un uomo felice.

Come Francesco ha abbandonato le false ricchezze anche noi possiamo farlo, riconoscendo le persone o le realtà che prendono e trattengono il nostro cuore, allontanandolo dal vero amore che ci rende liberi: denaro, prestigio, posizione sociale e culturale, affetti. «Se mi togliessero tutto questo sarei forse perduto?». È la domanda che il vescovo ci ha invitato a rivolgerci più spesso, riconoscendo le nostre povertà. Questo riconoscimento permette di aprirci a Dio, di abbracciare Cristo povero sentendosi sorretti da Lui.

Il Vescovo, infine, ci ha anche ricordato l’importanza di servire i poveri. Ancora una volta Francesco d’Assisi ci insegna: l’abbraccio con il lebbroso è un atto di misericordia mosso dalla Grazia, compiuto senza paura, con un atteggiamento di compassione, ma anche di contemplazione di Gesù povero e desiderio di partecipazione alla sua vita. Il gesto di Francesco riconosce nelle piaghe dei poveri quelle di Gesù: è consapevolezza che tutti abbiamo bisogno della Misericordia di Dio.

«Domandiamoci – ha concluso il Vescovo-, se stiamo servendo i poveri e come lo facciamo; se siamo poveri ed innamorati di Gesù povero, se siamo capaci di stare accanto ai nostri fratelli poveri con quella compassione che Dio mostra per noi. Gesù non è accanto ai poveri ponendosi dall’alto in basso, ma in una posizione fatta di partecipazione e condivisione. Gesù si è fatto compagno di strada e cerca il rinnovamento profondo di  ogni uomo, a cui va incontro con lo scopo di farlo ricco del Suo amore e di quello del Padre, per servire i poveri e non servirsi di loro».

Chiara Geri Romagnani (Centro Famiglia Sant’Anna)




NUOVO PARROCO A QUARRATA

Domenica 6 maggio il vescovo ha indirizzato una lettera ai fedeli della parrocchia di Santa Maria Assunta a Quarrata per comunicare il nome del nuovo parroco che prenderà servizio dopo l’estate.

Ecco il testo:

“Carissimi parrocchiani di Quarrata, finalmente sono in grado di potervi annunciare chi sarà il vostro nuovo parroco.

Dopo i tempi della sofferenza e dello smarrimento, giungono ora i giorni del rinnovamento e della ripresa. Con molta gratitudine mi rivolgo innanzitutto a p. Stefano Soresina che con grande generosità, con vero amore di pastore e dedizione di mente, cuore e tempo, ha assicurato in questi mesi una significativa presenza sacerdotale ed è stato veramente una buona guida per il gregge del Signore che rischiava di disperdersi. Devo ringraziare anche don Ugo Feraci che è stato un primo e prezioso “traghettatore” in momenti per voi difficili. Il mio grazie va pure al diacono Pierattini che si è reso disponibile per il servizio pastorale in questa zona. Un grazie anche a tutti gli altri sacerdoti che in questo periodo hanno dato una mano, a partire dal Vicario Foraneo, don Roberto Razzoli. Una grazie sentito però va anche a tutti voi, collaboratori parrocchiali a vario titolo e semplici fedeli di Quarrata che avete affrontato con fede, pazienza e amore un periodo certamente non facile.

Ora dunque, ringraziando lo Spirito Santo, siamo arrivati a una soluzione che ritengo stabile e duratura. Ha accettato di venire in mezzo a voi a servirvi nel nome del Signore – e ne sono davvero molto contento – don Fulvio Baldi, un ancor giovane sacerdote, pieno di energia e di amore, che ha sempre dato buona prova di sé nel ministero esercitato fino ad oggi.

Verrà a voi ufficialmente in settembre, ma da ora inizierà a prendere contatto con le varie realtà parrocchiali.

Padre Stefano continuerà il suo servizio tra voi fino all’ingresso del nuovo parroco.

Don Fulvio assumerà l’ufficio di parroco di S. Maria Assunta in Quarrata ma non quello di Violina, Lucciano e Buriano; manterrà invece la responsabilità di Masiano e Piuvica. Per questo sarà coadiuvato nel suo servizio da un Cappellano.

Per quanto riguarda la parrocchia di Violina e le comunità di Buriano e Lucciano, vi comunicherò a breve come intendo provvedervi.

Vi chiedo sin da ora di pregare per il vostro nuovo parroco e di predisporvi ad accoglierlo con gioia, offrendogli la vostra sincera e fattiva collaborazione. Come ho già avuto modo di dirvi, S. Maria Assunta di Quarrata è una bella e ricca comunità parrocchiale. Attorno al sacerdote, insieme potete fare grandi cose per il Regno di Dio nei vostri cuori e in quelli delle persone che vivono nelle vostre terre. Siate partecipi e non passivi spettatori, perché nella chiesa ognuno ha un suo dono dal Signore da mettere a frutto per il bene di tutti.

Affido a Maria SS. don Fulvio e ognuno di voi con le vostre famiglie, perché possiate camminare con gioia ed essere nel vostro territorio luce e sale di Vangelo.

Dio vi benedica”.

+ Il vescovo di Pistoia, Fausto Tardelli




FEDE IN FAMIGLIA

Domenica 13 maggio si celebra la Festa della famiglia.

Seguendo le indicazioni pastorali del vescovo Fausto Tardelli anche quest’anno la diocesi di Pistoia celebrerà la Festa della famiglia domenica 13 maggio. “Una giornata speciale” dedicata alla famiglia e “l’occasione di una adeguata contemplazione della famiglia di Nazaret e dei suoi esempi, a beneficio delle nostre famiglie” (Direttorio di pastorale familiare, CEI) affinché venga celebrata “la gioia dell’amore che si vive nelle famiglie” (Papa Francesco).

Il tema scelto dalla conferenza episcopale della Toscana per questo anno è “La fede, preziosa eredità di famiglia“.

Chiediamo ad ogni parrocchia e associazione di celebrare, nelle modalità che ritiene opportune, questa festa (ad esempio con il rinnovo delle promesse matrimoniali, omelia dedicata al tema, benedizione e preghiera al termine della liturgia, incontri, giochi etc. ). L’ufficio ha anche preparato un segnalibro dedicato a questa giornata che potete ritirare alla libreria San Jacopo.

L’equipe di Pastorale con la Famiglia