VENERDÌ 16 LE 24ORE PER IL SIGNORE A SAN PAOLO

Venerdì 16 marzo si celebra a Pistoia la 24 ore per il Signore

«Mi auguro che le nostre chiese possano rimanere aperte a lungo per accogliere quanti vorranno prepararsi alla Santa Pasqua, celebrando il sacramento della Riconciliazione, e sperimentare in questo modo la misericordia di Dio». Così l’annuncio di papa Francesco al termine dell’udienza generale di mercoledì 7 marzo, in Aula Paolo VI in Vaticano.

“L’obiettivo della 24 Ore per il Signore – ha spiegato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, in un’intervista a Vatican News – è quello di offrire a tutti, soprattutto a quanti sentono ancora disagio all’idea di entrare in una chiesa, di cercare l’abbraccio misericordioso di Dio, un’occasione al di fuori degli usuali tempi e modi per fare ritorno al Padre”.

Programma

Ore 18:00: Esposizione eucaristica presso la Chiesa di San Paolo Apostolo (Pistoia)

Ore 18:30 Vespri. Segue adorazione eucaristica

Ore 21.00 Santa Messa presieduta da Mons. Vescovo Fausto Tardelli

Dalle ore 22.00 confessioni

L’adorazione si prolungherà, notte e giorno fino a sabato 17 alle ore 16.30. La conclusione è affidata alla Santa Messa presieduta da don Pierluigi Biagioni della Fraternità Apostolica di Gerusalemme.

Con la collaborazione dell’Adorazione Eucaristica Perpetua di Pistoia




Riscoprire la Fecondità in un cammino di Amore

L’ufficio Pastorale con la famiglia di Pistoia invita a partecipare all’incontro di sabato 10 marzo alle ore 15.30 presso la Sala Capitolare del Convento di San Francesco.  Sarà l’occasione per conoscere la realtà delle Famiglie di Mamre il cui proposito è quello di aiutare le famiglie a vivere la scoperta di una eventuale sterilità non come punizione o ingiustizia, ma come occasione essenziale sia per trovare una fecondità più profonda che viene da Dio, sia per riscoprire la Grazia e la responsabilità del sacramento del matrimonio.

«Il fecondo amore coniugale si esprime in un servizio alla vita dalle forme molteplici, delle quali la generazione e l’educazione sono quelle più immediate, proprie ed insostituibili. In realtà, ogni atto di vero amore verso l’uomo testimonia e perfeziona la fecondità spirituale della famiglia perché è obbedienza al dinamismo interiore profondo dell’amore come donazione di sé agli altri.
A questa prospettiva, per tutti ricca di valore e di impegno, sapranno ispirarsi in particolare quei coniugi che fanno l’esperienza della sterilità fisica.

La fecondità delle famiglie deve conoscere una sua incessante “creatività”, frutto meraviglioso dello Spirito di Dio che spalanca gli occhi del cuore per scoprire le nuove necessità e sofferenze della nostra società, e che infonde coraggio per assumerle e darvi risposta».

(San Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio).

Riprendiamo dal settimanale La Vita del 01/03/2018 il seguente articolo:

A PISTOIA LE “FAMIGLIE DI MAMRE”

Un cammino di fecondità nell’amore per chi vive il dramma dell’impossibilità di avere figli.

La pastorale Familiare ha promosso un’importante iniziativa: sabato 10 marzo alle ore 15.30,saranno presenti a Pistoia nella sala capitolare del Convento di San Francesco le Famiglie di Mamre.  Le Famiglie di Mamre porteranno alla comunità il frutto della loro esperienza maturata all’ombra della fede.  La loro missione è “Riscoprire la fecondità di un cammino di amore con l’intento di accrescere la fede della coppie di fronte alla propria difficoltà di generare la vita”. Andiamo a scoprire questa realtà con Alessio Della Bella, membro dell’equipe di Famiglie di Mamre.

Le famiglie di Mamre si rivelano come un’importante realtà sorta all’interno della chiesa di Firenze. Com’è nato il vostro desiderio di incontrare altre coppie per accompagnarle nel vivere l’impossibilità di avere figli?

Quando, come coppie, ci siamo trovati nella impossibilità di poter generare la vita ci siamo sentiti soli. Abbiamo cominciato a cercare informazioni su internet per un aiuto pastorale dedicato a coppie sterili, ma non abbiamo trovato niente. Allora con un’altra coppia, Lorenzo e Paola, abbiamo provato a mettere su degli incontri alla luce della Parola di Dio e sulla base della nostra esperienza.  L’intento è proprio quello di aiutare altre coppie laddove noi ci siamo sentiti soli.

Quale ruolo può avere la fede in queste situazioni a partire dalla vostra esperienza personale?

Per noi coppie la fede ha voluto dire tutto. Senza l’amore che Dio ha riversato in noi, mai avremmo potuto aprirci alla vita. Noi, ad esempio abbiamo tre figli adottati, un’altra coppia cinque, tra cui uno disabile. Senza la fede, senza aver incontrato Dio nella nostra esistenza, mai avremmo potuto aprirci in modo così totale alla vita. Rivolgiamo il nostro servizio anche a quelle coppie che non credono, che dicono di ritenersi atee; alla fine la nostra esperienza li aiuta a sentirsi amati da Dio.

La vostra missione è quella di proporre alle coppie “un cammino di fecondità nell’amore”. Che cosa implica questo cammino?

Questo cammino si racchiude in tre fine settimana. A primavera i primi due che chiamiamo “ciclo di incontri”. In origine si basavano su cinque incontri settimanali del venerdì. Poiché le coppie venivano da fuori diocesi, anche da lontano (Palermo, Roma, Milano..), abbiamo pensato che fosse meglio organizzare due fine settimana perché le coppie potessero stare insieme e condividere le loro esperienze. A fine estate, proponiamo il terzo week end: è l’occasione per stare insieme ai dottori  e specialisti amici e fratelli nella fede che si sono resi disponibili per ascoltare le coppie: andrologi, pediatri, psicologi, psicoterapeuti. Ognuno offre il suo contributo per aiutare le coppie.

Da chi è composta la vostra equipe?

Un sacerdote, Don Paolo Anfuso, segue il nostro percorso e l’equipe, formata da me, mia moglie, Lorenzo e Paola, Silvestro e Antonella Paluzzi, due psicoterapeuti che si occupano di pastorale a Roma e a Lamezia Terme. Si sono poi aggiunti all’equipe, occupandosi dell’accoglienza delle coppie, Leonardo e Cristina Borgioli. Negli anni si sono inseriti anche vari dottori: Sara Bartoli, psicoterapeuta, Alessandro Papini, andrologo, Maria Novella Sciarra, ginecologa, Franchini Valfrè, pediatra e genitore adottivo, Maria Chiara Franchini, biologa.

Qual è lo scopo della vostra serata a Pistoia?

Lo scopo è principalmente quello di far conoscere la realtà di famiglie di Mamre fuori della nostra diocesi, per aprirci a famiglie che vivono la realtà dell’infertitilità. Durante l’incontro è anche previsto un momento di informazione degli operatori pastorali poiché il Dott. Alessandro Papini parlerà delle finalità di Famiglie di Mamre al punto di vista bioetico.

Chi volesse incontrarvi come può farlo?

Famiglie di Mamre si trova su FB (Famiglie di Mamre), ma è possibile contattarci al seguente numero di telefono : Panero Cristina  360 0707547, oppure mandando una mail a famigliedimamre@gmali.com  e/o a accoglienzamamre@gmail.com

Daniela Raspollini

 




RISCOPRIRE LA FECONDITÀ IN UN CAMMINO DI AMORE: UN INCONTRO DA NON PERDERE IL 10 MARZO

L’ufficio Pastorale con la famiglia di Pistoia invita a partecipare all’incontro di sabato 10 marzo alle ore 15.30 presso la Sala Capitolare del Convento di San Francesco.  Sarà l’occasione per conoscere la realtà delle Famiglie di Mamre il cui proposito è quello di aiutare le famiglie a vivere la scoperta di una eventuale sterilità non come punizione o ingiustizia, ma come occasione essenziale sia per trovare una fecondità più profonda che viene da Dio, sia per riscoprire la Grazia e la responsabilità del sacramento del matrimonio.

«Il fecondo amore coniugale si esprime in un servizio alla vita dalle forme molteplici, delle quali la generazione e l’educazione sono quelle più immediate, proprie ed insostituibili. In realtà, ogni atto di vero amore verso l’uomo testimonia e perfeziona la fecondità spirituale della famiglia perché è obbedienza al dinamismo interiore profondo dell’amore come donazione di sé agli altri.
A questa prospettiva, per tutti ricca di valore e di impegno, sapranno ispirarsi in particolare quei coniugi che fanno l’esperienza della sterilità fisica.

La fecondità delle famiglie deve conoscere una sua incessante “creatività”, frutto meraviglioso dello Spirito di Dio che spalanca gli occhi del cuore per scoprire le nuove necessità e sofferenze della nostra società, e che infonde coraggio per assumerle e darvi risposta».

(San Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio).

Riprendiamo dal settimanale La Vita del 01/03/2018 il seguente articolo:

A PISTOIA LE “FAMIGLIE DI MAMRE”

Un cammino di fecondità nell’amore per chi vive il dramma dell’impossibilità di avere figli.

La pastorale Familiare ha promosso un’importante iniziativa: sabato 10 marzo alle ore 15.30,saranno presenti a Pistoia nella sala capitolare del Convento di San Francesco le Famiglie di Mamre.  Le Famiglie di Mamre porteranno alla comunità il frutto della loro esperienza maturata all’ombra della fede.  La loro missione è “Riscoprire la fecondità di un cammino di amore con l’intento di accrescere la fede della coppie di fronte alla propria difficoltà di generare la vita”. Andiamo a scoprire questa realtà con Alessio Della Bella, membro dell’equipe di Famiglie di Mamre.

Le famiglie di Mamre si rivelano come un’importante realtà sorta all’interno della chiesa di Firenze. Com’è nato il vostro desiderio di incontrare altre coppie per accompagnarle nel vivere l’impossibilità di avere figli?

Quando, come coppie, ci siamo trovati nella impossibilità di poter generare la vita ci siamo sentiti soli. Abbiamo cominciato a cercare informazioni su internet per un aiuto pastorale dedicato a coppie sterili, ma non abbiamo trovato niente. Allora con un’altra coppia, Lorenzo e Paola, abbiamo provato a mettere su degli incontri alla luce della Parola di Dio e sulla base della nostra esperienza.  L’intento è proprio quello di aiutare altre coppie laddove noi ci siamo sentiti soli.

Quale ruolo può avere la fede in queste situazioni a partire dalla vostra esperienza personale?

Per noi coppie la fede ha voluto dire tutto. Senza l’amore che Dio ha riversato in noi, mai avremmo potuto aprirci alla vita. Noi, ad esempio abbiamo tre figli adottati, un’altra coppia cinque, tra cui uno disabile. Senza la fede, senza aver incontrato Dio nella nostra esistenza, mai avremmo potuto aprirci in modo così totale alla vita. Rivolgiamo il nostro servizio anche a quelle coppie che non credono, che dicono di ritenersi atee; alla fine la nostra esperienza li aiuta a sentirsi amati da Dio.

La vostra missione è quella di proporre alle coppie “un cammino di fecondità nell’amore”. Che cosa implica questo cammino?

Questo cammino si racchiude in tre fine settimana. A primavera i primi due che chiamiamo “ciclo di incontri”. In origine si basavano su cinque incontri settimanali del venerdì. Poiché le coppie venivano da fuori diocesi, anche da lontano (Palermo, Roma, Milano..), abbiamo pensato che fosse meglio organizzare due fine settimana perché le coppie potessero stare insieme e condividere le loro esperienze. A fine estate, proponiamo il terzo week end: è l’occasione per stare insieme ai dottori  e specialisti amici e fratelli nella fede che si sono resi disponibili per ascoltare le coppie: andrologi, pediatri, psicologi, psicoterapeuti. Ognuno offre il suo contributo per aiutare le coppie.

Da chi è composta la vostra equipe?

Un sacerdote, Don Paolo Anfuso, segue il nostro percorso e l’equipe, formata da me, mia moglie, Lorenzo e Paola, Silvestro e Antonella Paluzzi, due psicoterapeuti che si occupano di pastorale a Roma e a Lamezia Terme. Si sono poi aggiunti all’equipe, occupandosi dell’accoglienza delle coppie, Leonardo e Cristina Borgioli. Negli anni si sono inseriti anche vari dottori: Sara Bartoli, psicoterapeuta, Alessandro Papini, andrologo, Maria Novella Sciarra, ginecologa, Franchini Valfrè, pediatra e genitore adottivo, Maria Chiara Franchini, biologa.

Qual è lo scopo della vostra serata a Pistoia?

Lo scopo è principalmente quello di far conoscere la realtà di famiglie di Mamre fuori della nostra diocesi, per aprirci a famiglie che vivono la realtà dell’infertitilità. Durante l’incontro è anche previsto un momento di informazione degli operatori pastorali poiché il Dott. Alessandro Papini parlerà delle finalità di Famiglie di Mamre al punto di vista bioetico.

Chi volesse incontrarvi come può farlo?

Famiglie di Mamre si trova su FB (Famiglie di Mamre), ma è possibile contattarci al seguente numero di telefono : Panero Cristina  360 0707547, oppure mandando una mail a famigliedimamre@gmali.com  e/o a accoglienzamamre@gmail.com

Daniela Raspollini




LASCIATI GUARDARE DA CHI HAI UCCISO. L’OMELIA DEL VESCOVO TARDELLI NELLA SECONDA STAZIONE QUARESIMALE

La Bibbia non è un libro per vecchi. Uno di quei testi rassicuranti e ammorbiditi che possono conciliarci il sonno o la pensione. La vicenda di Giuseppe.venduto dai fratelli o alcune parabole di Gesù, come quella di Vignaioli omicidi ci inquietano e ricordano anche molto da vicino episodi di cronaca nera. Con la.differenza, per restare vaghi, che le pagine bibliche restano li da millenni ad.interrogarci sulle eterne miserie dell’uomo in cui trova spazio l’azione di Dio.

«Il sacro tempo della quaresima – ricorda il vescovo Tardelli nella seconda stazione quaresimale, presso la chiesa di san Paolo apostolo– ci richiama ad altre considerazioni; a cambiare mente e mentalità (…) magari accompagnata da un lamento per i tempi tristi che stiamo vivendo. Troppo facile cavarcela così!».

Siamo proprio sicuri di non essere.un po’ simili ai fratelli di Giuseppe? Di non essere come loro almeno un po’ invidiosi, gelosi, senza scrupoli? La questione è ancora più profonda e ci interessa da vicino, ci coinvolge personalmente. «È chiaro infatti, che la figura di Giuseppe rimanda a quella di Cristo, venduto dai suoi stessi amici ai capi del popolo di Israele; non accolto, anzi rifiutato proprio da coloro che erano il suo popolo; da coloro – come i discepoli – che per primi avrebbero dovuto riconoscerlo. Questa sera allora, ognuno di noi è messo davanti a Cristo».

Stare.di fronte.a Cristo, come.sostare.di fronte alla.pagine bibliche non è cosi facile e indolore. Gesù ci guarda. Scruta il nostro cuore. Un’atteggiamento che in San Paolo, prima e dopo la messa, è assicurato da alcuni momenti di adorazione del Santissimo Sacramento. Un’esperienza che dice un po’ la cifra di questa chiesa cittadina, da tanti anni accompagnata, sotto il campanile. dalla cappella dell’adorazione perpetua. Un piccolo spazio, che guarda la città che passa. Un’occhio aperto sul cuore dell’uomo che circola distratto e pensieroso davanti alla porticina a vetri della cappella.
«È Lui, il Signore Gesù che si pone davanti a noi e ci fissa coi suoi occhi che vedono ogni cosa, anche le profondità della nostra anima. E davanti a lui siamo invitati a scegliere nuovamente: o con Lui o contro di Lui.(…) stasera Lui ci invita a identificarci coi fratelli che hanno venduto Giuseppe; coi contadini che hanno ucciso il figlio del vignaiolo. Si, proprio noi; si, proprio io, ho venduto, ho ucciso. Ho venduto, ho ucciso Lui, Gesù, con la mia indifferenza, con la mediocrità della mia fede, con la mia indolenza, con la mia superficialità, con il mio cedere sempre di nuovo agli impulsi dell’uomo vecchio fatto di gelosie, di invidie, di rancori, di pigrizia, di lussuria, di ipocrisia».

Il vescovo Tardelli smonta, uno ad uno, i nostri fraintendimenti e le nostre mancanze con un catalogo impietoso: «Abbiamo venduto e ucciso Lui, quando non abbiamo obbedito ai suoi comandamenti, quando ci siamo voltati da un’altra parte di fronte al fratello, quando non abbiamo servito, amato, abbracciato chi era nel dolore, o abbiamo insultato, maledetto, offeso l’altro».

Siamo bravi a puntare il dito, a commentare che le cose vanno a rotoli, che gli altri meriterebbero una lezione pesante. Eppure quel che condanniamo è talvolta anche «ciò che abbiamo fatto», che «unito al peccato di altri, ha reso possibile i drammi che riempiono le cronache di ogni giorno. Senza che neanche ce ne rendiamo conto. (…) Gesù parla di noi, parla a noi e noi siamo davanti a lui. Lui, con calma, fissandoci negli occhi e dentro il cuore, ci racconta la storia di Giuseppe venduto dai fratelli. Non ci accusa; non ci condanna; semplicemente ci racconta quella storia e ci chiede di ascoltarla; è sicuro che ne capiamo il significato. E, come se non bastasse, con la stessa calma, ci racconta anche la parabola dei contadini malvagi. Scandisce le parole, perché entrino in noi e ancora, perché noi capiamo da soli; continuando a fissarci negli occhi, mentre noi facciamo fatica a sostenere il suo sguardo; non c’è rabbia nel suo sguardo, non c’è risentimento, solo infinito amore, ma proprio per questo non riusciamo a sostenerlo».

Il suo sguardo è lo sguardo che recuperiamo nella presenza muta e indifesa, fragile e umile del suo corpo eucaristico offerto in sacrificio per noi. Con la Sua presenza e le Sue parole «il Signore Gesù svela la radice del male che è in ognuno di noi, la necessità di vigilare perché l’uomo vecchio non prenda il sopravvento, perché guardando in faccia il male che ci attacca, lo possiamo prevenire confidando in Lui. È questo alla fine ciò che conta e ciò che il Signore vuole da noi. Che smettiamo l’atteggiamento farisaico di chi si crede giusto e di non aver bisogno di guarigione e assumiamo invece l’atteggiamento che onora la verità, facendoci prendere coscienza di avere un assoluto bisogno del tocco della mano di Dio per la nostra salvezza».

Non è un libro per vecchi la Bibbia. Anche se spesso i suoi racconti hanno il lieto fine. Un finale che rivela principalmente la misericordia di Dio, la sua alleanza fedele, aldilà del nostro merito. Giuseppe, «odiato dai fratelli, sarà quello che salverà i fratelli, quando, mossi dalla carestia, cercheranno rifugio in Egitto dove Giuseppe è diventato importante. Lo scartato diventa il salvatore (…) Così la parabola dei contadini ci dice che il figlio ucciso, Gesù, darà salvezza agli uomini».

Sì il Signore ci conosce e sa che abbiamo bisogno di lieto fine. Anche se non a buon mercato. Desidera, in primo luogo che ci conosciamo, nella nostra reale misura e miseria.per costruire «la nuova umanità che inizia dal nostro cuore pentito e redento. A partire da stasera».

Prossimo appuntamento venerdì 9 marzo, con la Stazione Quaresimale dalla Madonna del Soccorso fino alla Chiesa di San Bartolomeo Apostolo.

Leggi l’intera omelia.




«QUANTO CI MANCA AD ESSERE COME DIO VUOLE?» L’OMELIA DEL VESCOVO TARDELLI PER LA STAZIONE QUARESIMALE

«Quanto ci manca ad essere come Dio vuole?»

Piove e soffia freddo il vento che preannuncia la tempesta siberiana. Dalla chiesa del Carmine la processione avanza piano al canto delle litanie. Un corteo non troppo numeroso ricorda a chi passa il tempo della Quaresima, mentre il freddo invernale ricorda a chi prega la fragilità di chi vive esposto alle intemperie della storia e del peccato. Si entra, poi, nell’antica pieve di Sant’Andrea, attraverso il portone spalancato come una ferita. Anche il pulpito di Giovanni Pisano esibisce la propria fragilità, con una colonna e un capitello stretti da una fascia come un braccio rotto.

Nella prima stazione quaresimale 2018, venerdì 22 febbraio, l’omelia del vescovo Fausto Tardelli ricorda che «solo ascoltando con attenzione il Signore che ci parla, solo contemplando il suo amore misericordioso che si è manifestato sulla croce, noi siamo spinti a guardare alla nostra vita in profondità».

Dietro l’altare in Sant’Andrea svetta una croce dipinta con il volto santo di Lucca. Avvolto nella sua dignità regale contempla muto, in un silenzio pensieroso, l’umanità di chi passa e prega. Davanti al crocifisso, continua il vescovo, «abbiamo la luce necessaria per scandagliare il male che è in noi, riconoscere che abbiamo peccato, anzi, che siamo nel peccato, che abbiamo una mentalità sbagliata, un modo di vedere le cose che non è quello di Dio, un modo di ragionare lontano dal vangelo e che ci manca ancora molto ad essere come Dio ci vuole».

(foto di David Dolci)

Sono tante le croci in Sant’Andrea. Due crocifissi lignei di Giovanni Pisano raccontano tutto il dramma del Salvatore crocifisso, descrivono tutto il prezzo della nostra salvezza: «è il Signore che ci guida a riconoscere i nostri mali. Noi non siamo in grado di fare una diagnosi vera».

Per tale diagnosi il Vescovo Tardelli suggerisce un’adeguata terapia: «ciò che dobbiamo fare innanzitutto in questo sacro tempo di Quaresima è lasciarci raggiungere dalla parola di Dio; lasciarci contestare dall’amore di Dio; lasciarci scuotere da lui, ascoltando con cuore aperto e piena attenzione le Sacre Scritture e mettendoci di fronte a Cristo crocifisso; a Cristo che ci apre le sue braccia come risorto con i segni della passione e della croce».

Mons. Tardelli ricorda che anche Gesù sa non essere tenero: «Gesù afferma che si può uccidere il nostro prossimo anche con la nostra ira, la nostra rabbia; che è condannabile chi offende il prossimo; che addirittura, se tu sai che il tuo fratello ha lui, qualcosa contro di te, devi esser tu a cercare di riconciliarti per primo».

Basta scorrere i commenti sui social di tanta gente perbene, che sembra perdere la testa di fronte ai fatti di cronaca e moraleggia su video di violenza e sconvenienza. «Queste parole di Gesù toccano davvero dei nervi scoperti della nostra anima, specialmente di noi oggi così inclini, anche attraverso i cosiddetti social, a offenderci, a dirci le peggio cosa, ad augurare ai nostri nemici le peggiori disgrazie; oggi, quando sembra di moda essere violenti e arroganti».

Parole che bruciano anche a chi getta lo sguardo dentro la Chiesa: «Dentro le nostre comunità, dentro la chiesa, quante chiusure, quanti giudizi malevoli, quante offese, maldicenze, rabbia, invidie e gelosie!»

È dunque il tempo della resa? Il momento di alzare bandiera bianca o cedere al martellamento di male che viene dalle notizie in televisione e dal nostro cuore?
Il tempo quaresimale è il momento di «accettare di buon grado che il Signore ci contesti e ci metta in crisi; che ci faccia capire i mali che abbiamo dentro … E consapevoli della nostra debolezza, preghiamo levando la nostra supplica, accorata e sincera: convertici a te Signore con la grazia del tuo amore e noi ci convertiremo».

(Leggi l’intera omelia)




INCONTRO DI FORMAZIONE PER IL CLERO SU “LA PRATICA DELLA FEDE”

 

Giovedì 1 Marzo dalle ore 9.30 alle ore 14 presso il Seminario vescovile di Pistoia si terrà l’incontro di formazione per il clero diocesano sul tema “la pratica della fede“.

Il programma è il seguente:

9.30: Ora media

10-11: Meditazione

11.00-12.30: Lavoro sulla scheda e confronto; comunicazioni varie

12.30: Pranzo di fraternità

Di seguito è possibile scaricare la scheda con il brano che sarà oggetto di meditazione e le domande di carattere spirituale e pastorale su cui ci confronteremo. E’ opportuno leggere prima il brano e le domande, così da rendere lo scambio più fruttuoso e meditato.




LA TERRA SANTA: IERI-OGGI. MONS. PIZZABALLA AD AGLIANA IN RICORDO DI ALBERTO GORI PATRIARCA DI GERUSALEMME

Terra Santa ieri e oggi: un incontro ad Agliana in ricordo di Mons. Alberto Gori, custode di Terra Santa e Patriarca Latino di Gerusalemme.

Al cinema teatro Moderno intervengono Mons. Pierbattista Pizzaballa, oggi amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme e fino allo scorso anno Custode di Terra Santa.

Presenti il vescovo di Pistoia, mons. Fausto Tardelli e il vescovo di Grosseto Rodolfo Cetoloni, frate minore francescano, attivo in numerosi progetti di solidarietà per la Terra Santa e il medio oriente. Modera Mauro Banchini.

La serata, organizzata dall’Associazione Amici della Terra Santa di Pistoia, fa luce su un personaggio chiave della storia del medio Oriente, in anni assai complessi e decisivi per Israele e la Palestina, cioè tra gli anni quaranta e il 1970.

Paolo Pieraccini, storico, esperto di Terra Santa, traccia il profilo di Mons Gori, frate minore, custode capace di grande diplomazia, specialmente durante il conflitto arabo-israeliano e vicende storiche straordinarie: il Concilio Vaticano II, il pellegrinaggio di Paolo VI in Terra Santa -il primo di un papa- la guerra dei sei giorni, il settembre nero 1970. Ne emerge una personalità con grande capacità di discernimento e di giudizio tra parti spesso in conflitto.

Mons. Pizzaballa fa luce sulla situazione attuale in terra santa. «Il medio oriente non è più lo stesso dopo la guerra in Siria. Non sappiamo ancora cosa sarà». Tante le parti in gioco, il conflitto tra sciiti e sunniti, Israele e Palestina. «Si va verso il settarismo tribale, etnico, religioso». In questo contesto «i cristiani sono in difficoltà. Proprio perché trasversali».

Mons. Pizzaballa, che è chiamato a guidare le regioni dipendenti dal Patriarcato Latino di Gerusalemme, si trova ad operare in una realtà grande e variegata: Giordania, Cipro, Israele, Libano e «in una fase di transizione, in cui è assente una grande politica capace di portare la pace».

«Profughi, confini, Gerusalemme; questi i grandi problemi di Israele, dai tempi di Mons. Gori fino ad oggi».
«Oggi però ci sono anche aspetti positivi. Le relazioni tra comunità cristiane sono diverse. Le famiglie vivono insieme. I restauri a Betlemme e al Santo Sepolcro dicono anche questo. Si lavora insieme nelle scuole». I cristiani diminuiscono ma imparano a vivere insieme.

«Tanti cristiani se ne vanno. Ma vedo anche determinazione a restare. È il momento dei piccoli gesti di pace. Tantissimi giovani con tante attività e molto volontariato». E poi ci sono «piccoli gesti di pace tra cristiani, musulmani ed ebrei. Che vanno contro l’opinione comune. Gemellaggi, incontri. Non tutto è perduto». «La sfida dei prossimi anni sarà quella del dialogo interreligioso. A partire dalla comune umanità. Le scuole cristiane sono luoghi di incontro importantissimi».

«Nel Medio Oriente, tra i cristiani, c’è ancora tanto bene. Ad esempio desiderio di leggere insieme la Parola di Dio. Di custodire la speranza anche nella persecuzione. Di educare nella tragedia umanitaria di Gaza». Raggi di luce che fanno sperare per la rinascita della Terra Santa.

(redazione)

PISTOIA – «La via migliore per assicurare la pace del paese e i diritti di ciascuna parte sarebbe, a nostro avviso, quella di mettere la Palestina sotto il mandato di una Potenza indicata dall’ONU. Qualora la divisione non si potesse evitare, insistere perché Gerusalemme con il suo hinterland (retroterra) venga internazionalizzata senza ritardo e siano assicurati il libero accesso e la libertà di culto nei vari Santuari disseminati in Giudea, Galilea, e i diritti religiosi alla Chiesa cattolica».

Con queste parole mons. Alberto Gori, nativo di Agliana (diocesi di Pistoia) allora Custode di Terra Santa, presentava a Pio XII la situazione in Palestina a pochi mesi della nascita dello stato d’Israele. Era il 1948, l’alba di settant’anni di conflitti la cui dinamica ancora oggi gioca un ruolo fondamentale nell’intero scacchiere geopolitico del Medio Oriente.

Della bella (e quasi sconosciuta) figura di mons. Gori si parlerà il prossimo giovedì 22 febbraio ad Agliana in una serata dedicata all’analisi della situazione della Terra Santa e dei cristiani in medio oriente.
Sarà ospite d’onore della serata mons. Pierbattista Pizzaballa, oggi amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme e fino allo scorso anno Custode di Terra Santa. Sarà presente il vescovo di Pistoia, mons. Fausto Tardelli e il vescovo di Grosseto Rodolfo Cetoloni, frate minore francescano, attivo in numerosi progetti di solidarietà per la Terra Santa e il medio oriente.

L’iniziativa, patrocinata dalla Diocesi di Pistoia e dalla Regione Toscana, è stata organizzata dell’associazione pistoiese “Insieme per la Terra Santa” fondata da mons. Cesare Tognelli e presieduta da Franco Niccolai con l’obiettivo di favorire contatti, anche attraverso pellegrinaggi, fra Pistoia e il Vicino Oriente.

La serata si aprirà con la Santa Messa celebrata nella parrocchia di san Piero a Agliana (Piazza Gramsci) presieduta da Mons. Pizzaballa e concelebrata dai vescovi Tardelli e Cetoloni.

Alle ore 21 (presso il Teatro Cinema “Moderno”, Piazza Anna Magnani 1) avrà luogo la conferenza con gli interventi di mons. Pizzaballa e dello storico Paolo Pieraccini, studioso della figura di mons. Gori.

Per 12 anni Mons. Alberto Gori fu Custode di Terra Santa e per i successivi 21 fu Patriarca latino di Gerusalemme, ricoprendo dunque importanti incarichi ecclesiali dal 1937 al 1970. Alla sua morte, il 25 novembre 1970, fu sepolto nella cattedrale di Gerusalemme.
Era nato il 9 febbraio 1889 ad Agliana (Pistoia) e vestì l’abito di Francesco nel settembre 1907, all’età di 18 anni. Dopo aver prestato servizio militare da sacerdote nella prima guerra mondiale, il suo nome divenne strettamente legato alla Terra Santa da quando (era l’8 febbraio 1919) fu inviato a Gerusalemme a servizio della Custodia francescana.

(comunicato)




RIPARTE LA NUOVA STAGIONE DI “POSSO DIRTI LA PAROLA?”

Riparte questa settimana, con la prima domenica di Quaresima la nuova stagione di “Posso dirti la Parola?”, Il commento al Vangelo della domenica a cura di sacerdoti, diaconi e religiosi delle Diocesi di Pistoia e di San Miniato.

Posso dirti la Parola?” andrà in onda il sabato su TVL TV LIBERA (canale 11 del digitale terrestre) a partire dal 17 febbraio alle 9.30, con repliche alle 14.40; 19.10 e 21.15; la domenica alle 7.50; 11.50; 12.35; 19.50. 

I video saranno disponibili sul canale You Tube della Diocesi.




MERCOLEDÌ “LE CENERI” IN CATTEDRALE CON IL VESCOVO TARDELLI

Il 14 Febbraio è il Mercoledì delle Ceneri. Il vescovo Mons. Fausto Tardelli presiederà alle ore 9.30 la santa Messa con l’imposizione delle Ceneri in Cattedrale.

Le celebrazione avvia il percorso annuale della Quaresima. Come ricorda anche la colletta della liturgia di questo giorno i fedeli sono invitati a praticare il digiuno e l’astinenza: “O Dio, nostro Padre, concedi, al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male“.

La liturgia delle Ceneri prevede che sul capo dei fedeli sia cosparsa un po’ di cenere benedetta, ottenuta bruciando i rami d’ulivo benedetti la domenica delle Palme dell’anno precedente. Questo gesto è un segno di pentimento e ricorda la transitorietà della vita terrena: perché “Polvere siamo e polvere ritorneremo”. Il segno delle ceneri esprime, allo stesso tempo, un invito alla conversione, per tornare a Dio con tutta la propria esistenza.

 




TAGLIO DEL NASTRO PER IL NUOVO CENTRO MAIC

Sabato 10 febbraio alle ore 10.30 in via san Biagio 102 aprirà le sue porte alla città di Pistoia la nuova e rinnovata sede del centro di riabilitazione per disabili della fondazione Maria Assunta in Cielo (MAiC), intitolato ai “Fratelli Carrara”.

La struttura, progettata dall’architetto Alessandro Mannelli e della sua equipe occupa una vasta area di oltre 6000 mq, che andrà ad ospitare i molti servizi sanitari e sociosanitari di riabilitazione fisica, ovvero: una comunità alloggio protetta; servizi sanitari e fisioterapia ambulatoriale; un centro diurno socio-sanitario; una piscina terapeutica; un percorso multisensoriale acquatico; laboratori di stimolazione multisensoriale oltre agli uffici amministrativi e direzionali.

Il centro comprende anche una nuova chiesa dedicata a “Maria Madre Nostra” che sarà decorata con i mosaici e i dipinti di p. Marko I. Rupnik per la vita di fede di chi frequenta e opera al Centro e per le attività dell’Associazione Maria Madre Nostra.

Oggi (venerdì 9 febbraio) alle ore 15 il Vescovo Tardelli celebrerà la Santa Messa per tutti gli ospiti del Centro, familiari, operatori e volontari.

Il taglio del nastro è previsto per Sabato 10 alle ore 10.30. Nel pomeriggio, a partire dalle 15,  si prosegue con l’Open Day della struttura, aperta ai cittadini di Pistoia, animato da danze, cori, musica ed associazioni amiche della Fondazione MAiC.

Qui l’omelia pronunciata dal vescovo durante la messa al Centro.