Ceneri: un richiamo alla fragilità che invita alla conversione

La Quaresima è il tempo per accogliere l’offerta d’amore di Dio

«La cenere sul capo significa accogliere la nostra debolezza e la misericordia di Dio». Una fragilità che tutti, in questi giorni di allerta sanitaria associano immediatamente al rischio coronavirus. Un’epidemia che interpella la fede e suscita tante domande: flagello di Dio? Segno dell’ira divina? Certamente no, chiarisce il vescovo nell’omelia per il mercoledì delle Ceneri: «però quello che accade è un appello alla conversione, ci fa capire quanto siamo fragili»; insomma, un dramma globale che ricorda «quanto siamo ancora impotenti di fronte al male. Non possiamo presumere, noi uomini, di poter far tutto».

La Quaresima al tempo del coronavirus suggerisce anche un altro pensiero: «quanto cioè, – prosegue monsignor Tardelli- sia importante nel mondo stringersi insieme, accogliersi, perché la soluzione del problema è globale. Quanto sia importante unirsi per affrontare insieme i mali della vita, stringersi aldilà dei confini e delle divisioni». Forse sentirsi popolo è più facile nei momenti di crisi. Non a caso il libro dell’Esodo consegna l’esperienza di un’etnia che diventa popolo nella fuga e nella prova come paradigma tradizionale della nostra Quaresima.

Eppure i quaranta giorni che preparano alla Pasqua non sono principalmente tempo di afflizione e musi lunghi, ma di riscoperta dell’amore di Dio. In questo tempo – ricorda il vescovo – «c’è un appello forte, ma un appello pieno di amore, con cui il Signore chiama a conversione offrendoci il suo amore. Ci prende per mano, invita a rinnovare i nostri pensieri e comportamenti». «Ogni cammino di conversione – prosegue – non può che nascere dal lasciarsi coinvolgere da questo amore».

red.

Il cammino verso Pasqua insieme al vescovo prosegue con i seguenti appuntamenti

 




La strada verso la Pasqua. Gli appuntamenti per la Quaresima

Come ogni anno torna il tempo liturgico della Quaresima, tempo di conversione e di grazia.
Daremo inizio a questo nostro cammino Mercoledì 26 febbraio con il segno semplice ed austero dell’imposizione delle ceneri: questo rito non è una pura formalità né un gesto statico che con la sua inequivocabile eloquenza ci tiene fermi a riflettere sul nostro essere vani, come la polvere o la cenere, appunto. È un atto che esprime la dinamicità del cammino che la chiesa ogni anno ci propone per andare incontro, per ritus et preces (attraverso i riti e le preghiere), al Signore che si rivela a noi uomini del nostro tempo, ancora una volta come l’Amore senza limiti e che ci fa entrare ancora una volta nel mistero della fede, nella storia salvezza.

La strada verso la Pasqua, non è un cammino facile: bisogna prendere bene le curve, e proprio la Parola di Dio che la liturgia offre alla nostra meditazione, ci dà le coordinate per cambiare direzione rispetto alle abitudini in cui siamo spesso invischiati, le nostre amate e coccolate schiavitù.

Per percorrere bene questo cammino è allora necessario liberarsi dei bagagli ingombranti che ci impediscono di tenere un buon passo “evangelico”: il peso del peccato, il peso delle passioni, il denaro, l’attaccamento ai beni che ci rende sordi agli appelli del vangelo. Ma la strada che si apre davanti a noi, la strada del Vangelo ha tre corsie: elemosina, preghiera e digiuno, come ci ricorda l’evangelista Matteo nel brano che la liturgia ci presenta nella celebrazione delle Ceneri (Mt 6,1-18). In una parola: «svuotare», vale a dire: liberarsi, eliminare tutto ciò che appesantisce la vita nello Spirito!
Alessio Bartolini, ufficio liturgico diocesano

CELEBRAZIONI QUARESIMALI CON IL VESCOVO

Cattedrale di San Zeno
Mercoledì 26 febbraio ore 9.30
Santa messa con rito dell’imposizione delle Ceneri

Chiesa di San Paolo
Venerdì 6/13/27 marzo – 3 aprile ore 21.00
Messe Stazionali nei venerdì di Quaresima

dalla Chiesa di Sant’Andrea alla Chiesa di San Paolo
24 ore per il Signore – venerdì 20 marzo ore 21.00
Via Crucis cittadina. A seguire adorazione eucaristica e confessioni




ALLA SCOPERTA DEI RITI DELLA SETTIMANA SANTA

Per conoscere e partecipare alle celebrazioni in Cattedrale

I misteri principali della fede che la Chiesa crede e celebra si svolgono durante la Settimana Santa. È la settimana che chiude la Quaresima e che precede la Pasqua. È detta anche “Grande Settimana”, ha inizio con la domenica delle Palme e si conclude con il Triduo Pasquale.

Domenica delle Palme

Con il giorno della Domenica delle Palme la Chiesa ricorda il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino, osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma. Per rendere di nuovo viva questa memoria, la liturgia della Domenica delle Palme, si svolge iniziando da un luogo al di fuori della chiesa dove vengono benedetti i rami di ulivo o di palma che sono portati dai fedeli. Quindi si dà inizio alla processione fin dentro la chiesa. La celebrazione continua con la lettura della Passione di Gesù.
La tradizione vuole che i fedeli portino con sé i rametti benedetti di ulivo (simbolo di Cristo stesso che, con il suo sacrificio, diventa strumento di riconciliazione e di pace per l’umanità) e di palma (simbolo di risurrezione: la palma infatti produce un’infiorescenza quando sembra ormai morta), per conservarli nelle loro case.

Il vescovo presiederà la liturgia Sabato 24 marzo. Alle ore 17.30, presso la Chiesa di S. Ignazio di Loyola (già Spirito Santo) avrà luogo la Benedizione dell’Ulivo. Di qui partirà la processione verso la Cattedrale per la Santa Messa alle ore 18.00.

Lunedì-Mercoledì Santo

Dal Lunedì al Mercoledì della Settimana Santa nella Liturgia leggiamo i testi del Profeta Isaia che ci parla del Servo sofferente. Gesù è quel Servo di Dio che si consegna per noi. Nei vangeli seguiamo il nascere del proposito del tradimento di Giuda e la decisione dei capi del popolo di uccidere il Signore.

Messa del Crisma

A Pistoia il Mercoledì della Settimana Santa, alla sera alle ore 21.00 in Cattedrale, il Vescovo, insieme al suo Presbiterio e a tutto il popolo a lui affidato celebra la Messa del Crisma che vuole esprimere visibilmente l’unità della Chiesa locale raccolta intorno al proprio Pastore. Durante la Celebrazione Eucaristica il Vescovo benedice gli Olii necessari per amministrare i Sacramenti del Battesimo (Olio dei Catecumeni) e dell’Unzione dei Malati (Olio degli Infermi). Consacra anche il Crisma che verrà utilizzato in tutta la Diocesi nel Sacramento della Confermazione (o Cresima) e nella Ordinazione dei Presbiteri.
Il rito dell’unzione è antichissimo e risale all’Antico Testamento: attraverso l’unzione una persona veniva riconosciuta per un servizio straordinario e sacro, per questa ragione il rito dell’unzione riguardava solamente persone speciali come Profeti, Sacerdoti e anche Re. Ogni cristiano, diventando con il Battesimo partecipe della vita di Cristo che lo ha salvato, partecipa anche della Sua condizione di Sacerdote, Re e Profeta.

Triduo Pasquale
Giovedì Santo

Al tramonto del Giovedì Santo la Chiesa entra nel Triduo Pasquale. Dopo il Vespro, nelle Parrocchie – ed in Cattedrale alle 18.00 presieduta dal Vescovo – si celebra la “Messa in Coena Domini”, in cui si fa memoria dell’Ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli.
La nostra attenzione è attratta da quattro elementi fondamentali di questa Celebrazione:
– l’Eucaristia, il pane e il vino che rendono presente il sacrificio redentore di Cristo;
– l’istituzione del sacerdozio, quando Gesù disse: «fate questo in memoria di me»;
– il comandamento dell’amore lasciato da Gesù ai suoi amici, che è il cammino di vita e di salvezza, sintesi di tutto quello che Gesù ha fatto per noi;
– l’umiltà del gesto della Lavanda dei Piedi, che sintetizza il modo di servire Dio nel prossimo.
Dal canto del Gloria di questa Messa, le campane di tutte le chiese taceranno fino alla notte tra il sabato e la domenica di Resurrezione.

Dopo la Messa c’è l’Adorazione dell’Eucaristia. Non è l’adorazione “al Sepolcro” del Signore, ma è la nostra volontà di unirsi alla preghiera di Gesù (lì presente e Vivente nel segno sacramentale) nell’orto degli Ulivi. I fiori e le piante che tradizionalmente ornano l’Altare dell’Adorazione (o Reposizione) la sera e la notte del Giovedì Santo sono quelli di un giardino, non di un cimitero.

Venerdì Santo

Il giorno successivo, Venerdì Santo, non c’è la Messa. La liturgia, che si celebra quasi nel silenzio, è incentrata sulla narrazione delle ultime ore della vita terrena di Gesù secondo il Vangelo di Giovanni e sul Rito dell’Adorazione della Croce. La Celebrazione della Passione del Signore in Cattedrale a Pistoia sarà presieduta dal Vescovo alle 21.00.

Sabato Santo

Trascorriamo il Sabato Santo nel silenzio a lato della croce silenziosa. Non c’è nessuna celebrazione, c’è soltanto il silenzio: il Re, lo Sposo dorme il sonno della morte.

Veglia Pasquale

Però nell’oscurità della notte del sabato comincia l’ultimo atto del Triduo Santo, suo culmine glorioso e vittorioso: la Veglia Pasquale (in Cattedrale il Vescovo la presiederà alle 21.30). La “Madre di tutte le veglie”, come l’aveva definita Sant’Agostino; la Celebrazione più importante dell’intero Anno Liturgico che conclude il nostro cammino della Settimana Santa approdando alla luce della resurrezione. È il giorno bellissimo e santissimo della Resurrezione di Gesù, che ha sconfitto per sempre il nostro più grande nemico e la nostra più grande paura: la morte. E allora la Celebrazione inizia con l’accensione del fuoco nuovo, la proclamazione della Pasqua, le letture ed il canto dirompente dell’Alleluja, la Rinnovazione delle Promesse Battesimali e l’amministrazione stessa del Sacramento del Battesimo e degli altri Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana, la Celebrazione dell’Eucaristia.

Giorno di Pasqua

Dopo tre giorni dalla sua Passione e Morte, Gesù risorge e si mostra prima ai discepoli, poi alla gente nel giorno di Pasqua, festa di tutte le feste. A noi parla e si mostra, come ogni domenica anche oggi, durante la Celebrazione della Messa.

Federico Coppini – Ufficio Liturgico Diocesano

Calendario delle Celebrazioni in Cattedrale

DOMENICA DELLE PALME
SABATO 24 marzo:
Ore 17.30:Chiesa di S. Ignazio di Loyola (Spirito Santo) Benedizione dell’Ulivo e Processione verso la Cattedrale
Ore 18: In Cattedrale: Messa presieduta dal Vescovo

DOMENICA 25 marzo:
Ore 10.30: Messa Solenne
Ore 18.00: Messa

MERCOLEDÌ 28 marzo:
Ore 21.00: Messa Crismale presieduta dal vescovo e concelebrata dai presbiteri della diocesi

TRIDUO PASQUALE

GIOVEDÌ 29 marzo:
Ore 18.00: Messa in “Coena Domini”
Lavanda dei piedi – Reposizione del SS. Sacramento per l’adorazione fino alle ore 24.00

VENERDÌ 30 marzo:
Ore 9.00: Liturgia delle ore
Ore 21.00: Celebrazione della Passione del Signore presieduta dal Vescovo

SABATO 31 aprile :
Ore 9.00: Liturgia delle ore
Ore 21.30: Veglia Pasquale

DOMENICA DI PASQUA 1 aprile:
Ore 10.30: Solenne Messa Pontificale presieduta dal vescovo con Benedizione Papale
Ore 17.30: Vespri Battesimali
Ore 18.00: Messa

LUNEDÌ DELL’ANGELO 2 aprile:
Ore 10.30 e 18.00: Messa

ORARIO DELLE CONFESSIONI IN CATTEDRALE
MERCOLEDÌ 28 marzo, GIOVEDÌ 29 marzo,
VENERDÌ 30 marzo, SABATO 31 marzo: dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 16.00 alle 18.00
DOMENICA DI PASQUA 1 aprile : dalle 17.00 alle 18.00

(foto di Nicolò Begliomini)

 




TI SEI MAI ACCORTO DI ESSERE GUARITO?

L’omelia del Vescovo Tardelli per la IV stazione quaresimale

Ci sono occasioni in cui il Signore ci guarda con particolare evidenza. Sta lì e ci scruta. In silenzio. Umilmente. È uno sguardo discreto, colmo di misericordia. E quanto più ci legge dentro, tanto più è misericordioso.
Nell’adorazione eucaristica il Signore ci guarda. Dal piccolo occhio aperto nell’ostensorio volge lo sguardo sull’umanità varia, dolente e gaudente che si ferma –anche soltanto per il tempo di un segno di croce – davanti a Lui.

La quarta stazione quaresimale si inserisce in questo clima di adorazione e preghiera che da qualche anno, grazie a Papa Francesco, sta diventando tradizione. Venerdì 16 marzo, infatti, la Diocesi di Pistoia ha celebrato presso la parrocchia di San Paolo Apostolo la “24ore per il Signore”. Una ‘maratona’ di adorazione no-stop durante la quale è offerta la possibilità di riconciliarsi con il Signore. Un bagno di misericordia e di preghiera per riconoscere il primato di Dio. Papa Francesco lo ha ricordato anche in questa edizione 2018: «Dio è il primo e ci salva totalmente con amore».

A Pistoia il Vescovo Fausto Tardelli ha celebrato la messa stazionale all’interno di questo contesto di preghiera proponendo alla riflessione dei fedeli il brano evangelico del miracolo del Cieco nato (Gv 9,1-9).

Di fronte a chi gli contesta la prodigiosa guarigione, contrapponendosi a Gesù, il cieco ribatte con decisione quanto gli è accaduto. «Questo cieco nato – ha affermato il vescovo – ha dalla sua, la forza dei fatti. Gli altri, i farisei, fan solo discorsi, chiacchiere, ideologia, esprimono pregiudizi, non vedono la realtà; sono davvero, loro, dei ciechi che, per giunta, pensano di vederci bene».

Uno scambio delle parti che rischia di farci pensare. Ma anche l’affermazione netta e decisa di chi è stato raggiunto da una grazia insperata e neppure richiesta: «nel caso del cieco nato, l’iniziativa è presa da Gesù». «questo “fatto” è “capitato” al cieco. È sopravvenuto alla sua vita. Non lo ha cercato. Non risulta infatti dal testo che il cieco abbia chiesto la guarigione, come invece in altri casi descritti nel vangelo. Tutto ciò, carissimi amici, ci fa riflettere su di una verità che connota l’agire di Dio, sempre: è Lui che prende l’iniziativa e tutto viene da lui».
È il primato di Dio che tanto ripropone papa Francesco e che il vescovo Tardelli racconta con efficacia: «Anche quando giustamente noi cerchiamo il suo volto, lo desideriamo, ci rivolgiamo a lui con la supplica del peccatore, ciò è possibile solo perché Egli con il suo amore ci ha prevenuto. Lui sempre ci ama per primo. Senza alcun nostro merito, senza alcuna nostra pretesa».

E se qualcuno, come i farisei di allora, introduce il baco del sospetto e invita a pensare che dietro “Dio” sta una mera proiezione il vescovo ricorda che «Non è il nostro vuoto che chiede e fonda la sua pienezza. Non è l’uomo che crea Dio. È vero esattamente il contrario: è Dio che crea l’uomo e imprime nell’uomo la nostalgia di Lui. È il Signore che ama infinitamente e dona infinitamente se stesso a noi ed è ancora lui, luce del mondo che fa scoprire la novità gioiosa del vedere e svela la bruttura delle tenebre del male che sono in noi e nel mondo, senza che nemmeno ce ne accorgiamo».

Il Signore ci ha guariti. Ma forse non ce ne siamo neppure accorti. Quando ce ne rendiamo conto iniziamo a vivere da cristiani. «La vita cristiana – aggiunge il vescovo – inizia laddove ci si riconosce cercati e amati; laddove ci si riconosce voluti e pensati con amore. Il primo atto della vita cristiana … è accorgersi di essere cercati e trovati; che c’è uno che è totalmente per noi, Gesù di Nazareth, figlio di Dio».

Cristo, come afferma un autore, è davvero il “terapeuta dello sguardo”: non soltanto ci aiuta a vedere e affina la nostra vista «tende per noi il ponte che ci fa passare dal vedere al contemplare e dal semplice sguardo alla visione di fede».

«Anche noi, – ha proseguito il vescovo- come il cieco nato, dovremmo vivere della certezza di un fatto molto concreto: che cioè siamo stati guariti; ci è stata donata la vista». Il problema – paradossalmente- resta la fatica di riconoscere la nostra guarigione. La vita nuova donata dal battesimo è un fatto; ma quanto spesso è facile dimenticarlo!

«Lo dobbiamo dire infatti: tante volte, l’essere stati fatti partecipi della salvezza; l’essere stati fatti rinascere come figli di Dio; l’essere stati illuminati dalla Grazia non è un fatto, nella nostra vita». Amara constatazione che registra cristiani senza Cristo, salvati senza desiderio di salvezza. Quanto è un dato di fatto -precisa il vescovo- «Non è la certezza della nostra vita; non è la roccia su cui poggia la nostra esistenza. Non è esperienza vissuta; non è gioia di chi ha ritrovato la vista; non è entusiasmo di chi è stato liberato dalle catene e finalmente si sente libero. È una fede sbiadita, scolorita, la nostra. Abitudinaria e mesta. Ed è precisamente in questo contesto di fiacchezza della nostra fede che diventano facili i tradimenti della legge del Signore, le ottusità nei confronti dei fratelli; i compromessi con i nostri vizi, l’accomodamento alle logiche egoistiche del mondo».

Anche per questo abbiamo bisogno di entrare dentro il suo sguardo. Di farci contemplare con amore e lasciarci toccare dalla sua misericordia, perché il suo sguardo risani i nostri occhi.

Leggi l’intera omelia…




“CENERE IN TESTA E ACQUA SUI PIEDI”: DISPONIBILE ON LINE IL SUSSIDIO PASTORALE PER LA QUARESIMA

Rendiamo disponibile il Sussidio pastorale per la Quaresima oggi non più reperibile in formato cartaceo.

Il sussidio, frutto della collaborazione dei vari uffici pastorali e in particolare di quello liturgico, della Caritas, dell’ufficio missionario e di quello catechistico, è stato realizzato nel 2011 con l’intento di fornire una traccia per il cammino di preparazione verso la Pasqua attraverso la ricchezza della Liturgia dove risplendono i misteri di Cristo e della Chiesa.

L’itinerario quaresimale che culmina nel Triduo Pasquale è un vero cammino di conversione e rinnovamento che i testi liturgici ci aiutano a fare in modo mirabile.

 




QUANDO GESÙ SIEDE STANCO PER CERCARMI. LE PAROLE DEL VESCOVO PER LA TERZA STAZIONE QUARESIMALE

La chiesetta di Santa Maria del Soccorso, nota anche come Santa Maria in Borgo Bambini o Santa Liberata, è sconosciuta a molti pistoiesi, ma ospita da qualche anno la comunità cristiano ortodossa rumena. L’interno, tappezzato di icone, riflette il timbro tutto orientale della spiritualità ortodossa. Da qui si muove, fino alla Chiesa di San Bartolomeo, la processione della stazione quaresimale, guidata dal vescovo. In alto, sopra l’altare della chiesetta, si custodisce un antico affresco con la Madonna “in umiltà”, seduta per terra, con in braccio il suo bambino. Un dipinto arrivato qui dalla vicina chiesa dei Gesuati, oggi distrutta, che ha dato il nome di Santa Maria del Soccorso. Un titolo che ha il sapore del “pronto soccorso”, forse per via dell’attenzione alla medicina e al servizio ai malati proprio dell’ordine dei Gesuati. L’efficacia del “soccorso” che reca la Vergine è tutto nel bambino che stringe al petto. Un Dio bambino protagonista assoluto di quell’ospedale da campo che dovrebbe essere la Chiesa. Gesù è entrato nelle difficoltà della condizione umana: ha sperimentato la fame e la sete, ha provato stanchezza, ha “gustato” la morte. Ha portato soccorso, dalla posizione, tutta inedita, di salvatore affaticato e ferito.

Il Vangelo pronunciato venerdì 9 marzo proponeva il dialogo tra Gesù e la Samaritana. Gesù, ricordava il vescovo Tardelli nella sua omelia «è lì, al pozzo, stanco, affaticato, affamato – i suoi erano andati a cercare del cibo. Si è seduto e anch’egli ha sete. Una profonda sete. Ma non dell’acqua del pozzo. Egli ha sete dell’anima di quella donna; ha sete dell’anima di ognuno di noi; ha sete di me e della mia vita».

Forse non lo ricordiamo spesso così, eppure, prosegue il Vescovo, Gesù giunge stremato alle porte della nostra umanità: «Egli, stanco, sta cercando me, come canta un antico e ingiustamente abbandonato inno liturgico: “quaerens me sedisti lassus” Tu, signore sedesti stanco per cercare me, per darmi il tuo amore, per salvarmi dal non senso della mia vita, dal male nel quale spesso sono incatenato».

«La stanchezza del Signore Gesù  -ha precisato Mons. Tardelli- è la sua croce d’amore, è la fatica del buon pastore che va per dirupi e rovi a cercare la pecora perduta e caricarsela sulle spalle». Alla stanchezza si accompagna una sete divina: «La richiesta che Gesù fa alla donna, rileva questa sua sete: “dammi da bere”, cioè, dammi la tua anima, dammi la tua persona, lasciati amare, lasciati salvare, apri il tuo cuore a me e sarai salva». Il grande fascino di questa pagina evangelica risiede proprio nell’incontro tra la sete di Dio e quella dell’uomo. «Che la nostra sete e quella di Cristo si incontrino: questo allora c’è da augurarsi stasera, per la nostra vita, per il nostro cammino quaresimale che ci conduce alla Pasqua».

Il Vescovo, rileggendo le parole del Vangelo  parla di stanchezza e di sete, di esigenze interiori ed esteriori, molto concrete, dell’uomo di oggi. Manca l’acqua che disseta l’anima e quella che disseta il corpo. «“In quei giorni, il popolo soffriva per la mancanza di acqua”. Parole antiche, dell’esodo… Ma quanto attuali! Quanto contemporanee, quanto dolorosamente vere. Perché, anche materialmente è proprio così: oggi un sacco di persone soffrono per la mancanza di acqua. “Sono circa 900 milioni le persone che non hanno accesso ad acqua potabilmente sicura. Sono almeno 1,8 milioni i bambini sotto i cinque anni che muoiono ogni anno per malattie collegate alla qualità dell’acqua: uno ogni 20 secondi.”»

La verità del Vangelo non dimentica mai la concretezza dell’esistenza. Per questo la stanchezza di Gesù non è una posa teatrale, non è finzione edificante, ma stanchezza concreta, sete reale e spirituale insieme. Una sete che parla all’uomo dei suoi bisogni più profondi e “integrali”. «Non è difficile riconoscere che siamo tutti degli assetati, che abbiamo sete di vita e di amore, sete di gioia e di bene, sete di felicità e di pace (…) non è difficile riconoscerla, questa sete, dentro di noi e nel cuore dell’umanità». È una sete che conduce a conseguenze molto concrete.  «Spesso – continua mons. Tardelli – la nostra sete, la si soddisfa bevendo acqua putrida, di pozzanghere sudice e maleodoranti, acqua velenosa; all’apparenza cristallina e pura ma in realtà piena di germi mortiferi (…) Domandiamoci inoltre se per soddisfare la nostra sete, invece di amare e donare come ci ha insegnato il Signore, sfruttiamo gli altri, utilizzandoli per i nostri fini».

Di fronte al nostro profondo desiderio di salvezza integrale, di fronte alla sete dell’uomo, il  Signore ripete: «L’acqua che cerchi “sono io, che parlo con te”. E ce lo dice anche questa sera, qui, in questa celebrazione eucaristica dove l’altare è per tutti noi, il pozzo di Giacobbe dove egli ci attende».

Il cammino delle stazioni quaresimali prosegue venerdì 16 marzo presso la Chiesa di San Paolo Apostolo, per la celebrazione delle 24 ore per il Signore. Un’occasione di preghiera di adorazione e misericordia che si prolungherà ininterrottamente dal pomeriggio di venerdì 16 fino alla sera di sabato 17. Alle 21 di venerdì 16, la messa presieduta dal vescovo Tardelli.

Leggi l’intera omelia

 




VENERDÌ 16 LE 24ORE PER IL SIGNORE A SAN PAOLO

Venerdì 16 marzo si celebra a Pistoia la 24 ore per il Signore

«Mi auguro che le nostre chiese possano rimanere aperte a lungo per accogliere quanti vorranno prepararsi alla Santa Pasqua, celebrando il sacramento della Riconciliazione, e sperimentare in questo modo la misericordia di Dio». Così l’annuncio di papa Francesco al termine dell’udienza generale di mercoledì 7 marzo, in Aula Paolo VI in Vaticano.

“L’obiettivo della 24 Ore per il Signore – ha spiegato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, in un’intervista a Vatican News – è quello di offrire a tutti, soprattutto a quanti sentono ancora disagio all’idea di entrare in una chiesa, di cercare l’abbraccio misericordioso di Dio, un’occasione al di fuori degli usuali tempi e modi per fare ritorno al Padre”.

Programma

Ore 18:00: Esposizione eucaristica presso la Chiesa di San Paolo Apostolo (Pistoia)

Ore 18:30 Vespri. Segue adorazione eucaristica

Ore 21.00 Santa Messa presieduta da Mons. Vescovo Fausto Tardelli

Dalle ore 22.00 confessioni

L’adorazione si prolungherà, notte e giorno fino a sabato 17 alle ore 16.30. La conclusione è affidata alla Santa Messa presieduta da don Pierluigi Biagioni della Fraternità Apostolica di Gerusalemme.

Con la collaborazione dell’Adorazione Eucaristica Perpetua di Pistoia




LASCIATI GUARDARE DA CHI HAI UCCISO. L’OMELIA DEL VESCOVO TARDELLI NELLA SECONDA STAZIONE QUARESIMALE

La Bibbia non è un libro per vecchi. Uno di quei testi rassicuranti e ammorbiditi che possono conciliarci il sonno o la pensione. La vicenda di Giuseppe.venduto dai fratelli o alcune parabole di Gesù, come quella di Vignaioli omicidi ci inquietano e ricordano anche molto da vicino episodi di cronaca nera. Con la.differenza, per restare vaghi, che le pagine bibliche restano li da millenni ad.interrogarci sulle eterne miserie dell’uomo in cui trova spazio l’azione di Dio.

«Il sacro tempo della quaresima – ricorda il vescovo Tardelli nella seconda stazione quaresimale, presso la chiesa di san Paolo apostolo– ci richiama ad altre considerazioni; a cambiare mente e mentalità (…) magari accompagnata da un lamento per i tempi tristi che stiamo vivendo. Troppo facile cavarcela così!».

Siamo proprio sicuri di non essere.un po’ simili ai fratelli di Giuseppe? Di non essere come loro almeno un po’ invidiosi, gelosi, senza scrupoli? La questione è ancora più profonda e ci interessa da vicino, ci coinvolge personalmente. «È chiaro infatti, che la figura di Giuseppe rimanda a quella di Cristo, venduto dai suoi stessi amici ai capi del popolo di Israele; non accolto, anzi rifiutato proprio da coloro che erano il suo popolo; da coloro – come i discepoli – che per primi avrebbero dovuto riconoscerlo. Questa sera allora, ognuno di noi è messo davanti a Cristo».

Stare.di fronte.a Cristo, come.sostare.di fronte alla.pagine bibliche non è cosi facile e indolore. Gesù ci guarda. Scruta il nostro cuore. Un’atteggiamento che in San Paolo, prima e dopo la messa, è assicurato da alcuni momenti di adorazione del Santissimo Sacramento. Un’esperienza che dice un po’ la cifra di questa chiesa cittadina, da tanti anni accompagnata, sotto il campanile. dalla cappella dell’adorazione perpetua. Un piccolo spazio, che guarda la città che passa. Un’occhio aperto sul cuore dell’uomo che circola distratto e pensieroso davanti alla porticina a vetri della cappella.
«È Lui, il Signore Gesù che si pone davanti a noi e ci fissa coi suoi occhi che vedono ogni cosa, anche le profondità della nostra anima. E davanti a lui siamo invitati a scegliere nuovamente: o con Lui o contro di Lui.(…) stasera Lui ci invita a identificarci coi fratelli che hanno venduto Giuseppe; coi contadini che hanno ucciso il figlio del vignaiolo. Si, proprio noi; si, proprio io, ho venduto, ho ucciso. Ho venduto, ho ucciso Lui, Gesù, con la mia indifferenza, con la mediocrità della mia fede, con la mia indolenza, con la mia superficialità, con il mio cedere sempre di nuovo agli impulsi dell’uomo vecchio fatto di gelosie, di invidie, di rancori, di pigrizia, di lussuria, di ipocrisia».

Il vescovo Tardelli smonta, uno ad uno, i nostri fraintendimenti e le nostre mancanze con un catalogo impietoso: «Abbiamo venduto e ucciso Lui, quando non abbiamo obbedito ai suoi comandamenti, quando ci siamo voltati da un’altra parte di fronte al fratello, quando non abbiamo servito, amato, abbracciato chi era nel dolore, o abbiamo insultato, maledetto, offeso l’altro».

Siamo bravi a puntare il dito, a commentare che le cose vanno a rotoli, che gli altri meriterebbero una lezione pesante. Eppure quel che condanniamo è talvolta anche «ciò che abbiamo fatto», che «unito al peccato di altri, ha reso possibile i drammi che riempiono le cronache di ogni giorno. Senza che neanche ce ne rendiamo conto. (…) Gesù parla di noi, parla a noi e noi siamo davanti a lui. Lui, con calma, fissandoci negli occhi e dentro il cuore, ci racconta la storia di Giuseppe venduto dai fratelli. Non ci accusa; non ci condanna; semplicemente ci racconta quella storia e ci chiede di ascoltarla; è sicuro che ne capiamo il significato. E, come se non bastasse, con la stessa calma, ci racconta anche la parabola dei contadini malvagi. Scandisce le parole, perché entrino in noi e ancora, perché noi capiamo da soli; continuando a fissarci negli occhi, mentre noi facciamo fatica a sostenere il suo sguardo; non c’è rabbia nel suo sguardo, non c’è risentimento, solo infinito amore, ma proprio per questo non riusciamo a sostenerlo».

Il suo sguardo è lo sguardo che recuperiamo nella presenza muta e indifesa, fragile e umile del suo corpo eucaristico offerto in sacrificio per noi. Con la Sua presenza e le Sue parole «il Signore Gesù svela la radice del male che è in ognuno di noi, la necessità di vigilare perché l’uomo vecchio non prenda il sopravvento, perché guardando in faccia il male che ci attacca, lo possiamo prevenire confidando in Lui. È questo alla fine ciò che conta e ciò che il Signore vuole da noi. Che smettiamo l’atteggiamento farisaico di chi si crede giusto e di non aver bisogno di guarigione e assumiamo invece l’atteggiamento che onora la verità, facendoci prendere coscienza di avere un assoluto bisogno del tocco della mano di Dio per la nostra salvezza».

Non è un libro per vecchi la Bibbia. Anche se spesso i suoi racconti hanno il lieto fine. Un finale che rivela principalmente la misericordia di Dio, la sua alleanza fedele, aldilà del nostro merito. Giuseppe, «odiato dai fratelli, sarà quello che salverà i fratelli, quando, mossi dalla carestia, cercheranno rifugio in Egitto dove Giuseppe è diventato importante. Lo scartato diventa il salvatore (…) Così la parabola dei contadini ci dice che il figlio ucciso, Gesù, darà salvezza agli uomini».

Sì il Signore ci conosce e sa che abbiamo bisogno di lieto fine. Anche se non a buon mercato. Desidera, in primo luogo che ci conosciamo, nella nostra reale misura e miseria.per costruire «la nuova umanità che inizia dal nostro cuore pentito e redento. A partire da stasera».

Prossimo appuntamento venerdì 9 marzo, con la Stazione Quaresimale dalla Madonna del Soccorso fino alla Chiesa di San Bartolomeo Apostolo.

Leggi l’intera omelia.




«QUANTO CI MANCA AD ESSERE COME DIO VUOLE?» L’OMELIA DEL VESCOVO TARDELLI PER LA STAZIONE QUARESIMALE

«Quanto ci manca ad essere come Dio vuole?»

Piove e soffia freddo il vento che preannuncia la tempesta siberiana. Dalla chiesa del Carmine la processione avanza piano al canto delle litanie. Un corteo non troppo numeroso ricorda a chi passa il tempo della Quaresima, mentre il freddo invernale ricorda a chi prega la fragilità di chi vive esposto alle intemperie della storia e del peccato. Si entra, poi, nell’antica pieve di Sant’Andrea, attraverso il portone spalancato come una ferita. Anche il pulpito di Giovanni Pisano esibisce la propria fragilità, con una colonna e un capitello stretti da una fascia come un braccio rotto.

Nella prima stazione quaresimale 2018, venerdì 22 febbraio, l’omelia del vescovo Fausto Tardelli ricorda che «solo ascoltando con attenzione il Signore che ci parla, solo contemplando il suo amore misericordioso che si è manifestato sulla croce, noi siamo spinti a guardare alla nostra vita in profondità».

Dietro l’altare in Sant’Andrea svetta una croce dipinta con il volto santo di Lucca. Avvolto nella sua dignità regale contempla muto, in un silenzio pensieroso, l’umanità di chi passa e prega. Davanti al crocifisso, continua il vescovo, «abbiamo la luce necessaria per scandagliare il male che è in noi, riconoscere che abbiamo peccato, anzi, che siamo nel peccato, che abbiamo una mentalità sbagliata, un modo di vedere le cose che non è quello di Dio, un modo di ragionare lontano dal vangelo e che ci manca ancora molto ad essere come Dio ci vuole».

(foto di David Dolci)

Sono tante le croci in Sant’Andrea. Due crocifissi lignei di Giovanni Pisano raccontano tutto il dramma del Salvatore crocifisso, descrivono tutto il prezzo della nostra salvezza: «è il Signore che ci guida a riconoscere i nostri mali. Noi non siamo in grado di fare una diagnosi vera».

Per tale diagnosi il Vescovo Tardelli suggerisce un’adeguata terapia: «ciò che dobbiamo fare innanzitutto in questo sacro tempo di Quaresima è lasciarci raggiungere dalla parola di Dio; lasciarci contestare dall’amore di Dio; lasciarci scuotere da lui, ascoltando con cuore aperto e piena attenzione le Sacre Scritture e mettendoci di fronte a Cristo crocifisso; a Cristo che ci apre le sue braccia come risorto con i segni della passione e della croce».

Mons. Tardelli ricorda che anche Gesù sa non essere tenero: «Gesù afferma che si può uccidere il nostro prossimo anche con la nostra ira, la nostra rabbia; che è condannabile chi offende il prossimo; che addirittura, se tu sai che il tuo fratello ha lui, qualcosa contro di te, devi esser tu a cercare di riconciliarti per primo».

Basta scorrere i commenti sui social di tanta gente perbene, che sembra perdere la testa di fronte ai fatti di cronaca e moraleggia su video di violenza e sconvenienza. «Queste parole di Gesù toccano davvero dei nervi scoperti della nostra anima, specialmente di noi oggi così inclini, anche attraverso i cosiddetti social, a offenderci, a dirci le peggio cosa, ad augurare ai nostri nemici le peggiori disgrazie; oggi, quando sembra di moda essere violenti e arroganti».

Parole che bruciano anche a chi getta lo sguardo dentro la Chiesa: «Dentro le nostre comunità, dentro la chiesa, quante chiusure, quanti giudizi malevoli, quante offese, maldicenze, rabbia, invidie e gelosie!»

È dunque il tempo della resa? Il momento di alzare bandiera bianca o cedere al martellamento di male che viene dalle notizie in televisione e dal nostro cuore?
Il tempo quaresimale è il momento di «accettare di buon grado che il Signore ci contesti e ci metta in crisi; che ci faccia capire i mali che abbiamo dentro … E consapevoli della nostra debolezza, preghiamo levando la nostra supplica, accorata e sincera: convertici a te Signore con la grazia del tuo amore e noi ci convertiremo».

(Leggi l’intera omelia)




IN FAMIGLIA VERSO LA PASQUA: DISPONIBILE IL SUSSIDIO PER LA QUARESIMA DELL’UFFICIO FAMIGLIA

Torna “In famiglia verso la Pasqua“, il nuovo sussidio per il tempo di Quaresima curato dall’Ufficio per la Pastorale con la Famiglia. Il sussidio è disponibile gratuitamente presso la Libreria San Jacopo (via Puccini, 32 – Pistoia – Tel. 0573.21130 – E-mail: libreriasanjacopo@tiscali.it ) ma è anche possibile scaricarlo in pdf qui.

In questo tempo di Quaresima predisponiamo il nostro cuore ed il nostro spirito a ritrovarci più intimamente col Signore e vivere meglio i suoi insegnamenti, per essere così maggiormente in grado di condividere con i più poveri quello che abbiamo.

Nell’Anno Pastorale dei Poveri infatti, il nostro Vescovo ci chiede di volgere lo sguardo verso l’altro. Accanto a noi ci sono tante persone nude, private della loro dignità, del rispetto e della libertà di poter fare le loro scelte di vita: impegnamoci ad offrire loro i vestiti della nostra attenzione, della premura e della fraternità che sa farsi solidale.

In questo periodo di Quaresima, insieme ai nostri figli, facciamo gesti concreti di amore fraterno: visitiamo persone malate, anziane o in carcere, soccorriamo generosamente chi è più in necessità,facciamo compagnia alle persone sole.

Chiediamo al Signore che insegni alle nostre famiglie a vivere la sobrietà e a trasmettere agli altri la gioia e la pace dell’anima.
In questi quaranta giorni prestiamo maggiore attenzione alla parola di Dio, riservando più tempo alla preghiera e a momenti di silenzio, pratichiamo alcune rinunce, anche piccole ma che siano espressione concrete di digiuno e apriamoci a relazioni fraterne con tutti nel servizio della carità.
Il Signore guidi e sostenga le nostre famiglie nell’itinerario quaresimale verso una felice Pasqua di Risurrezione.

IL LIBRETTO

Il libretto è stato pensato per fornire un sussidio comune alle famiglie della diocesi in preparazione alla Pasqua.
Esso è diviso in 7 capitoli corrispondenti alle Domeniche di Quaresima, Palme e Pasqua.
Ognuno di questi capitoli è diviso a sua volta in  sezioni:
(sez.1) Vangelo del giorno;
(sez.2) commento alla Parola;
(sez.3) racconto per bambini;
(sez.4) disegno da colorare;
(sez.5) 10 comandamenti.
Le storie sono tratte dal libro “Le dieci parole di Tullio” di Massimo Camisasca vescovo della diocesi di Reggio Emilia – Guastalla.

Le cinque sezioni vorrebbero simboleggiare alcune tappe del percorso di fede per una famiglia:
l’ascolto della Parola (sez.1),
la riflessione (sez.2),
la testimonianza attraverso il racconto (sez.3),
l’operare attraverso la manualità del disegno e del gioco (sez.4)
il rispetto dei comandamenti (sez.3 e 5) ed infine
il pregare in famiglia.