Prima di essere “vescovo”: ti racconto Fausto Tardelli
Riprendiamo dall’ultimo numero del Settimanale “La Vita” (n. 44) l’intervista a Valter Tardelli, fratello di monsignor Fausto, che parla dei lati meno conosciuti del vescovo di Pistoia. Un modo per conoscere meglio il pastore della diocesi in occasione del quinto anniversario del suo ingresso.
Era una tiepida mattina d’ottobre e San Miniato sonnecchiava sorniona mentre il suo vescovo, monsignor Fausto Tardelli – un po’ a sorpresa – veniva nominato il nuovo pastore di Pistoia. E mentre nella città della piana iniziava il tam tam delle telefonate e dei primi pettegolezzi, di lì a poco il vescovo avrebbe annunciato la data dell’ingresso nella nuova diocesi: la solennità dell’Immacolata Concezione.Correva l’anno 2014. Da allora sono passati cinque anni, tempi certamente utili per tracciare i primi bilanci. Oggi però vogliamo fare un passo indietro, fermarci, e conoscere un po’ di più l’uomo che sta dietro al “vescovo Tardelli”. Ne abbiamo parlato con una delle persone a lui più care: suo fratello Valter.
Chi è Fausto Tardelli?
«Chi è Fausto Tardelli? È sempre difficile dare una definizione totalmente rispondente alle caratteristiche di un individuo, tanto più se tra le persone c’è un legame affettivo come quello tra fratelli e sorelle, a volte è difficile anche autodefinirsi. Di Fausto potremmo dire che è un uomo come tanti, poi però a fronte del cammino che ha fatto si riescono a metter a fuoco tanti vecchi piccoli segnali, atteggiamenti, modi di fare che hanno accompagnato la sua vita e a dargli connotati più precisi. È molto intelligente, ma forse non è la sua miglior dote, altre due che vanno di pari passo e con uguale peso, sono sicuramente le migliori: la caparbietà, quella buona, quella che ti porta a raggiungere gli obbiettivi cercando sempre la strada più giusta, senza mai usare la prevaricazione, aspettando pazientemente il momento, la situazione giusta e la dolcezza, ecco quella non manca mai, l’ascolto, la disponibilità, questi credo siano i tratti salienti di mio fratello»
L’infanzia insieme, i giochi, gli scontri… che fratello è?
«Da ragazzi la differenza di età non ci ha permesso di vivere le nostre adolescenze dividendoci giochi o momenti di svago particolare, sei anni ci separano, e Fausto al termine del percorso scolastico delle medie entrò in seminario, mentre io mi affacciavo allora alla prima elementare. Di noi ho ricordi un po’ svaniti, qualche uscita mano nella mano per fare una commissione a nostra madre, qualche passeggiata con i nostri genitori sul lungo fiume, ma davvero poco altro. In quegli anni le regole del Seminario erano molto stringenti, difficilmente aveva un permesso per tornare a casa e noi potevamo andare a trovarlo solo la domenica e per un paio di ore, in quel breve lasso di tempo, erano già tante le cose di cui dovevano parlare i nostri genitori e mio fratello che tempo per i giochi non ne restava e poi non era neanche il posto più adatto».
Che cosa significa avere un fratello sacerdote e poi vescovo?
«Non fosse mio fratello sarei sicuramente in difficoltà perché insomma, è innegabile, è una carica di cui si sente il peso solamente standogli accanto, per il resto non essendo avvezzo a ruberie, intrallazzi e affini, non mi creo nessun tipo di problema, anzi so di avere a fianco un eventuale enorme sostegno che tutto sommato mi rende la vita più serena».
Che ricordi ha della sua ordinazione sacerdotale, e poi dei suoi trascorsi a San Miniato e Pistoia?
«Della sua ordinazione ho dei ricordi chiari e limpidi, fu una bellissima giornata di festa oltretutto con un caldo quasi africano, turbata solo dal fatto che sapevo con certezza assoluta che da li a pochi giorni Fausto sarebbe partito per Roma per completare degli studi universitari e che nel mio ancora infantile ragionamento lo avrei perso, Roma era lontanissima nella mia immaginazione e non lo avrei rivisto per almeno tre anni, da li ne scaturì un copioso pianto che solo mio fratello riuscì a fermare.
La solennità della cerimonia dell’ordinazione a vescovo, ebbe davvero un effetto incredibile su di me, ma credo su molti che volevano e vogliono bene a Fausto. Fu emozionantissimo, la sacralità del momento mi fece stare quasi con il fiato sospeso per tutta la durata della cerimonia, fu davvero bello. La cosa che più saltava agli occhi, durante la prima nomina a San Miniato fu il cambio di passo o di registro se preferisce, il lavoro non era più quello del pretino di parrocchia, era ben diverso, responsabilità, problemi da risolvere, lavori da fare e al tempo stesso mantenere la barra del timone sempre a dritta verso gli altri, verso i più deboli, continuare incessantemente l’opera di catechesi, un lavoro davvero difficile, quando si deve dedicare tempo a problemi e lavori che poco hanno a che vedere con il ruolo di pastore che un vescovo ha all’interno della chiesa.
Per Pistoia, diciamo che ormai si sapeva già molto della vita di un vescovo ed essendo Pistoia una città, una importante provincia italiana, i problemi e le difficoltà sarebbero solo aumentati ».
Un pregio e un difetto di Fausto?
«Pregi e difetti? Solo pregi, i difetti sono i soliti di sempre, quelli di tutti i comuni mortali».
Michael Cantarella