L’omelia del Vescovo Tardelli per la IV stazione quaresimale
Ci sono occasioni in cui il Signore ci guarda con particolare evidenza. Sta lì e ci scruta. In silenzio. Umilmente. È uno sguardo discreto, colmo di misericordia. E quanto più ci legge dentro, tanto più è misericordioso.
Nell’adorazione eucaristica il Signore ci guarda. Dal piccolo occhio aperto nell’ostensorio volge lo sguardo sull’umanità varia, dolente e gaudente che si ferma –anche soltanto per il tempo di un segno di croce – davanti a Lui.
La quarta stazione quaresimale si inserisce in questo clima di adorazione e preghiera che da qualche anno, grazie a Papa Francesco, sta diventando tradizione. Venerdì 16 marzo, infatti, la Diocesi di Pistoia ha celebrato presso la parrocchia di San Paolo Apostolo la “24ore per il Signore”. Una ‘maratona’ di adorazione no-stop durante la quale è offerta la possibilità di riconciliarsi con il Signore. Un bagno di misericordia e di preghiera per riconoscere il primato di Dio. Papa Francesco lo ha ricordato anche in questa edizione 2018: «Dio è il primo e ci salva totalmente con amore».
A Pistoia il Vescovo Fausto Tardelli ha celebrato la messa stazionale all’interno di questo contesto di preghiera proponendo alla riflessione dei fedeli il brano evangelico del miracolo del Cieco nato (Gv 9,1-9).
Di fronte a chi gli contesta la prodigiosa guarigione, contrapponendosi a Gesù, il cieco ribatte con decisione quanto gli è accaduto. «Questo cieco nato – ha affermato il vescovo – ha dalla sua, la forza dei fatti. Gli altri, i farisei, fan solo discorsi, chiacchiere, ideologia, esprimono pregiudizi, non vedono la realtà; sono davvero, loro, dei ciechi che, per giunta, pensano di vederci bene».
Uno scambio delle parti che rischia di farci pensare. Ma anche l’affermazione netta e decisa di chi è stato raggiunto da una grazia insperata e neppure richiesta: «nel caso del cieco nato, l’iniziativa è presa da Gesù». «questo “fatto” è “capitato” al cieco. È sopravvenuto alla sua vita. Non lo ha cercato. Non risulta infatti dal testo che il cieco abbia chiesto la guarigione, come invece in altri casi descritti nel vangelo. Tutto ciò, carissimi amici, ci fa riflettere su di una verità che connota l’agire di Dio, sempre: è Lui che prende l’iniziativa e tutto viene da lui».
È il primato di Dio che tanto ripropone papa Francesco e che il vescovo Tardelli racconta con efficacia: «Anche quando giustamente noi cerchiamo il suo volto, lo desideriamo, ci rivolgiamo a lui con la supplica del peccatore, ciò è possibile solo perché Egli con il suo amore ci ha prevenuto. Lui sempre ci ama per primo. Senza alcun nostro merito, senza alcuna nostra pretesa».
E se qualcuno, come i farisei di allora, introduce il baco del sospetto e invita a pensare che dietro “Dio” sta una mera proiezione il vescovo ricorda che «Non è il nostro vuoto che chiede e fonda la sua pienezza. Non è l’uomo che crea Dio. È vero esattamente il contrario: è Dio che crea l’uomo e imprime nell’uomo la nostalgia di Lui. È il Signore che ama infinitamente e dona infinitamente se stesso a noi ed è ancora lui, luce del mondo che fa scoprire la novità gioiosa del vedere e svela la bruttura delle tenebre del male che sono in noi e nel mondo, senza che nemmeno ce ne accorgiamo».
Il Signore ci ha guariti. Ma forse non ce ne siamo neppure accorti. Quando ce ne rendiamo conto iniziamo a vivere da cristiani. «La vita cristiana – aggiunge il vescovo – inizia laddove ci si riconosce cercati e amati; laddove ci si riconosce voluti e pensati con amore. Il primo atto della vita cristiana … è accorgersi di essere cercati e trovati; che c’è uno che è totalmente per noi, Gesù di Nazareth, figlio di Dio».
Cristo, come afferma un autore, è davvero il “terapeuta dello sguardo”: non soltanto ci aiuta a vedere e affina la nostra vista «tende per noi il ponte che ci fa passare dal vedere al contemplare e dal semplice sguardo alla visione di fede».
«Anche noi, – ha proseguito il vescovo- come il cieco nato, dovremmo vivere della certezza di un fatto molto concreto: che cioè siamo stati guariti; ci è stata donata la vista». Il problema – paradossalmente- resta la fatica di riconoscere la nostra guarigione. La vita nuova donata dal battesimo è un fatto; ma quanto spesso è facile dimenticarlo!
«Lo dobbiamo dire infatti: tante volte, l’essere stati fatti partecipi della salvezza; l’essere stati fatti rinascere come figli di Dio; l’essere stati illuminati dalla Grazia non è un fatto, nella nostra vita». Amara constatazione che registra cristiani senza Cristo, salvati senza desiderio di salvezza. Quanto è un dato di fatto -precisa il vescovo- «Non è la certezza della nostra vita; non è la roccia su cui poggia la nostra esistenza. Non è esperienza vissuta; non è gioia di chi ha ritrovato la vista; non è entusiasmo di chi è stato liberato dalle catene e finalmente si sente libero. È una fede sbiadita, scolorita, la nostra. Abitudinaria e mesta. Ed è precisamente in questo contesto di fiacchezza della nostra fede che diventano facili i tradimenti della legge del Signore, le ottusità nei confronti dei fratelli; i compromessi con i nostri vizi, l’accomodamento alle logiche egoistiche del mondo».
Anche per questo abbiamo bisogno di entrare dentro il suo sguardo. Di farci contemplare con amore e lasciarci toccare dalla sua misericordia, perché il suo sguardo risani i nostri occhi.