Toscana allo specchio: i numeri della crisi
Crescono del 47,7% le criticità sul territorio. Il Covid ha fatto emergere il lavoro fragile e messo alla prova oltre 7 mila famiglie che si sono rivolte per la prima volta alla Caritas
Che i numeri siano cresciuti, tutti se ne sono resi conto. La crisi innescata dalla pandemia ha visto aumentare il numero di quanti, per difficoltà economiche, si sono rivolti agli sportelli Caritas della Toscana. Dietro i dati però quel che risalta è “l’emersione del sommerso”: «Sono soprattutto lavoratori precari, grigi o al nero, infatti, coloro che dal marzo 2020 ad oggi hanno bussato alle porte dei servizi delle Caritas toscane». Lo segnala Fatti di prossimità, fatti di Vangelo, il Rapporto 2021 sulle povertà nelle diocesi toscane, presentato sabato mattina a Firenze e che evidenzia, allo stesso tempo, una fragilità condivisa insieme al «mondo del lavoro autonomo e, in generale, a tutta quella fascia di occupati poco o per nulla coperti dagli ammortizzatori sociali, siano essi ordinari o emergenziali, impiegato nei settori che più hanno sofferto dei blocchi e delle restrizioni necessarie per contenere la pandemia».
«Sono 28.467 le persone che, tra settembre 2020 e aprile 2021, hanno chiesto l’aiuto dei servizi delle diocesi della regione, il 47,4% in più rispetto ai 19.310 dei nove mesi precedenti». Una «valanga della povertà» che ha visto bussare agli sportelli Caritas 7.139 famiglie che «nei nove mesi del monitoraggio fatto dalle Caritas, per la prima volta nella loro vita, hanno dovuto rivolgersi a un centro d’ascolto». Una “valanga” composta prevalentemente da donne, dove cala il numero dei migranti assistiti e cresce quello dei cittadini italiani, che pesa di più nella Toscana settentrionale e manifesta una dilagante “povertà educativa”.
Tra gli aspetti rilevanti del Rapporto emergono infatti le indagini svolte degli insegnanti di religione nella regione Toscana. Quasi 600 i docenti coinvolti che hanno segnalato «un quadro decisamente allarmante: «per il 69% dei docenti intervistati, infatti, la pandemia ha aumentato in modo significativo le disuguaglianze fra gli studenti toscani (quota che alle scuole superiori sale addirittura al 76%) a causa soprattutto dell’incremento della povertà e del disagio economico delle famiglie (54%) che si riverbera sulle disuguaglianze nell’accesso ai dispositivi informatici (50,6) ma anche, complici le restrizioni, nella riduzione degli stimoli esterni alla scuola (43%) con il conseguente aumentato rischio di esclusione dei soggetti più fragili (48%)». Le difficoltà dell’insegnamento a distanza condizionano il futuro dei ragazzi: un 36% di studenti ha rinunciato agli studi universitari per un lavoro subito, mentre un altro 31% «stava addirittura valutando di lasciare la scuola e andare a lavorare per aiutare la famiglia in difficoltà».
Per Monsignor Roberto Filippini, vescovo di Pescia e delegato Cet per le Caritas Toscane, «la pandemia ha messo in luce un sistema malato», perché le povertà del presente «sono in gran parte eredità del passato e hanno radici nella crisi economica, sociale e politica degli anni precedenti». Una situazione che invoca un impegno corale, con un occhio di riguardo ai fondi del Pnrr e alle «formidabili occasioni che potrebbe riservare».
È tempo, afferma il delegato regionale Caritas Marcello Suppressa, «che la Caritas recuperi il proprio ruolo identitario, cioè quel mandato educativo e promozionale nei confronti della società civile e della comunità cristiana che è scritto nei nostri statuti e carte pastorali » a cui non è sempre stato possibile riferirsi nel momento dell’emergenza pandemica. «Si tratta – ha concluso – di riportare l’animazione di comunità e l’advocacy al centro del nostro essere Caritas. Probabilmente sarà necessaria una profonda rivisitazione anche dei modelli organizzativi».
Ugo Feraci