Zuppi: «Il santo patrono ci aiuta ad alzare lo sguardo al Cielo»

Nell’omelia della Solennità di San Jacopo il cardinale Matteo Maria Zuppi invita a guardare il Cielo, a farsi pellegrini, per scoprire il senso dell’esistenza nella sequela di Gesù

 

«Per guardare bene sulla terra bisogna guardare il Cielo». È l’invito con cui il Cardinale Matteo Maria Zuppi ha aperto l’omelia per la solennità di San Jacopo. «In genere – ha spiegato il Cardinale – chi guarda il Cielo impara a guardare negli occhi anche la vita, chi guarda il Cielo punta gli occhi sulla terra».

Il cardinale va dritto al punto, catturando l’attenzione di tutti i presenti in Cattedrale con il suo tono affabile e diretto, nel giorno in cui la città e la chiesa di Pistoia sperimentano «la gioia dell’appartenenza, di fare parte di una comunità. Il santo patrono – commenta Zuppi – ci aiuta a ricordarci che facciamo parte di una comunità e ci aiuta ad alzare lo sguardo».

Poi si sofferma sulle difficoltà del tempo presente: «Oggi l’orizzonte è pieno di preoccupazione e di “rovine”. Ci sono tante rovine, ma nell’esperienza cristiana rappresentano un’occasione per rialzare lo sguardo, per fare un nostro piccolo Pnrr. In questi anni di pandemia abbiamo sperimentato la forza del male», una costatazione che però non può lasciarci prigionieri del pessimismo. «Per noi – ha commentato il cardinale – la speranza non è un’illusione per andare un po’ avanti, crediamo che le tenebre possano essere sconfitte, c’è una lotta. Non per dei principii, ma nell’essere cristiani»; non siamo chiamati, ha aggiunto, a sentirci «condottieri di un mondo cristiano immaginario» ma «pellegrini».

Purchè rifuggiamo, però, la tentazione di avere tutto calcolato e pianificato: «non possiamo fare come Furio» appunta il cardinale, ricordando Bianco, Rosso e Verdone: «il viaggio è anche un’avventura, così scopriamo il senso del nostro essere al mondo. E lo scopriamo insieme». Nel cammino l’uomo scopre pure se stesso: «Solo per strada i ruoli si vedono per davvero; per strada uno si vede per quello che è. Ci riscopriamo poco alla volta, non condizioniamo il dialogo, incontriamo chi incontriamo e comprendiamo chi siamo senza maschera».
Prendendo spunto dal Vangelo della memoria liturgica il cardinale domandava: «Chi è davvero grande? Grande non è chi possiede, grande non è chi può fare a meno degli altri, grande non è chi non può fare a meno degli altri. Grande è chi ama. Grande è soltanto chi serve, chi vuole bene, gratuitamente, liberamente, da ogni condizionamento. Questo è davvero essere grandi».

«Nelle difficoltà di questi tempi duri che chiedono cristiani veri e che rivelano il tono della nostra fede e la necessità di tornare a guardare le stelle nell’oscurità – conclude il cardinale -, San Giacomo e il suo cammino ci aiutano a pensarci insieme a non lasciare insieme nessuno, a cercare chi si perde, senza interrogarci perchè gli è successo, ad aspettare con pazienza e con impazienza come il padre della parabola che non vede l’ora di riabbracciare suo figlio, di aiutare a camminare chi non ce la fa più, di ricordarci che non camminiamo verso il nulla, ma verso la pienezza della vita, e che la possiamo anticipare già oggi nel nostro amarci, dietro Gesù pellegrino, via verità e vita, perchè anche noi impariamo il senso della nostra vita e la sua gioia donando tutto per amore, solo per amore».